La forbice è di quelle significative, tra i 110 e i 190 euro. Ma non in più, in meno. La busta paga dei lavoratori veneti è infatti più leggera di quella dei colleghi, e vicini di casa, di Alto Adige, Emilia e Lombardia. Proiettata sull’anno, i veneti guadagnano uno stipendio in meno ma a Verona e Rovigo si arriva a uno e mezzo. I numeri parlano chiaro: i veneti sono i meno pagati del Nord e il divario si vede, e si sente, come fa notare l’Osservatorio statico dei Consulenti del lavoro sulle dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane, presentato ieri, a 48 ore dal Primo Maggio, festa dei lavoratori.
I dati restituiscono una fotografia di un Veneto che zoppica, sul fronte retributivo, rispetto a realtà, non distanti e nemmeno dissimili per produzioni e lavoro. Nessuna delle nostre province è nella top ten dei dipendenti meglio retribuiti. Sul podio svetta Bolzano con i suoi 1.476 euro di salario medio mensile, seguita da Varese, Monza, Verbano e Lecco, che oscillano tra 1.470 e 1.415. La città dove le buste paga sono più vicine a queste cifre è Belluno, forte di 1.365 euro medi. Fanalino di coda sono invece Verona e Rovigo, rispettivamente a 1.286 e 1.282 euro, quasi duecento euro in meno dei primi della classe. Altra curiosità, in classifica, dopo Rovigo, ci sono solo province del Sud Italia.
«In Veneto la crisi è stata molto pesante – dice Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso -, nella Marca poi, dove la vocazione è manufatturiera e di piccole imprese, c’è stata meno disoccupazione che altrove ma gli stipendi ne hanno risentito: oggi vedo miglioramenti e mi aspetto una rispesa anche salariale». Onofrio Rota, segretario confederale di Cisl del Veneto, non crede che si possano paragonare gli stipendi senza guardare il tipo di impiego. «A Milano c’è più direzionale, ovvio che le paghe siano migliori – spiega -, inoltre, in Veneto, tra il 2008 e il 2016 abbiamo perso 90 mila posti di lavoro quasi tutti nell’industria, oggi c’è un più 45 mila occupati ma nei servizi di cura, nel commercio e turismo, ossia contratti diversi, spesso a tempo determinato». Se nella nostra regione si guadagna meno, per l’imprenditrice e per il sindacalista, sarebbe dunque un effetto collaterale della crisi.
La pecora nera sul fronte stipendi, il Polesine, non si aggiudica solo il triste primato dei lavoratori peggio pagati: qui le donne fanno più fatica a trovare lavoro e ad avere salari, se non uguali, almeno simili a quelli degli uomini. E così il polesano si piazza al quart’ultimo posto nazionale per gender gap (il divario nel tasso di occupazione di uomini e donne) nel lavoro. Non significa però che nelle altre province la situazione sia davvero buona. Fatto salvo Belluno, che tra redditi e lavoro femminile, è la realtà più «nord-europea» del Veneto e Padova, Vicenza, Venezia, Treviso e Verona – chi più, chi meno – superano tutti la media nazionale del 18,4 per cento nel divario occupazionale di genere.
Sul fronte squisitamente retributivo, una donna guadagna di media 1.206 euro al mese e un uomo 1.523. Significa cioè che le lavoratrici venete incassano 317 euro in meno dei loro colleghi maschi, 41 euro al sotto della media italiana, ossia 276 euro. «C’è ancora molto lavoro da fare per colmare le disparità tra uomini e donne: a parità di lavoro deve esserci uguale reddito – dice Piovesana -, un po’ alla volta stiamo conquistando ruoli e, con il tempo, grazie alle nuove generazioni, assisteremo ad un cambio culturale».
Piovesana è la prima donna presidente degli industriali in Veneto: «Dovrebbe essere normale, come anche la maternità ma, ancora, non è così», dice. D’accordo Rota, «la cura della famiglia allontana le donne dal lavoro, un problema che stride in una regione del nord». Non dissimile l’analisi dei Consulenti del lavoro, «lo squilibrio su occupazione e salario è correlato allo sbilanciamento nella suddivisione del carico familiare tra donne e uomini – scrivono nello studio -. Spesso non è conveniente per le mamme lavorare: il costo dei servizi sostitutivi per la cura dei bambini e per il lavoro domestico è elevato».Tra i 45 mila neoassunti in Veneto, solo 9.500 sono donne.
Gloria Bertasi – Il Corriere del Veneto 30 aprile 2017