La battaglia sulla rifirma sanitaria, il primo scontro frontale al quale si preparano Donald Trump e i repubblicani per cancellare l’eredità di Barack Obama, è cominciata. Obama ha mobilitato ieri le truppe democratiche in minoranza al Parlamento, incontrandole a porte chiuse per prepararle all’offensiva che incombe. Mentre allo stesso tempo il vicepresidente entrante Mike Pence arringava deputati e senatori conservatori sotto le bandiere di un’agenda di deregulation e risposte di mercato alla crisi della sanità da varare fin dai prossimi mesi.
«Non abbiate dubbi – ha detto Pence – manterremo la promessa di eliminare Obamacare e sostituirla con soluzioni che abbassino i costi dell’assistenza senza gonfiare la spesa del governo».
Pence ha inoltre affermato che Trump è pronto a ricorrere ai suoi poteri esecutivi per guidare una svolta ordinata che non abbandoni chi oggi beneficia della riforma. Ma questo dopo che il futuro presidente aveva condannato senza riserve Obamacare twittando che «non funziona ed è insostenibile». Trump ha rincarato la dose apostrofandola come «un disastro» e attaccando come «un clown» il leader democratico al Senato Chuck Schumer, che l’aveva accusato di voler «far ammalare di nuovo l’America».
L’assalto di Trump è scattato all’indomani di nuovi exploit su un’altra priorotà dichiarata, il libero scambio, dove ha preso di mira la Gm per importazioni di veicoli dal Messico, spinto Ford ad annullare un impianto a sud del Rio Grande e nominato rappresentante commerciale un esperto di tariffe punitive, Robert Lighthizer. Trump ha inoltre ormai scelto per la Sec l’avvocato di Wall Street Jay Clayton, con l’obiettivo di ammorbidire i controlli sulla finanza.
È su Obamacare, però, che si gioca la partita cruciale di politica interna. I repubblicani hanno subito compiuto i primi passi formali per un ribaltamento della legislazione. Il presidente della Commissione Bilancio del Senato Mike Enzi ha presentato una mozione da votare al più presto che prescrive la cosiddetta “reconciliation”, una procedura di fast track che consente di intervenire su provvedimenti con impatto fiscale – quali Obamacare – limitando il dibattito e approvandoli a maggioranza semplice, superando rischi di ostruzionismo al Senato dove normalmente servirebbe un sostegno di due terzi. Leader repubblicani hanno indicato che un’alternativa compiuta alla riforma avrà bisogno di forse sei mesi, ma altri accelerano. La mozione di Enzi chiede che un progetto di reconciliation sia preparato entro il 27 gennaio. E la deputata Marsha Blackburn promette addirittura l’invio di un piano definitivo a Trump per la firma entro il 20 febbraio.
Questa frenesia non significa affatto che la battaglia sulla sanità sarà facile o lineare. Lo stesso Trump ha ammesso di essere aperto a preservare alcune delle misure più popolari di Obamacare, da clausole di non discriminazione per pazienti con malattie pre-esistenti alla possibilità dei genitori di tenere i figli sulle polizze fino a 26 anni.
Limiti e problemi della legge sono emersi, da aumenti medi quest’anno del 25% nei premi assicurativi, che colpiscono i ceti medi, alla riduzione dei provider di assistenza, spingendo una pluralità di americani, stando ai sondaggi della Kaiser Foundation, a criticare le legge. Cinque Stati hanno oggi una sola società negli Exchange, le borse sanitarie create per acquistare polizze standard e distribuire sussidi. I risultati sono però altrettanto sicuri: 22 milioni di nuovi assicurati hanno ridotto il tasso di chi è senza copertura al minimo record del 10 per cento.
Obama ha ricordato ai democratici simili conquiste per definire la legge da migliorare, non cancellare, frutto di sforzi riformatori durati decenni. E ha evidenziato che la salute di Medicare, l’assistenza federale per gli anziani, è legata alla riforma: tasse e risparmi che la finanziano finiscono anche a questo programma. I repubblicani, da parte loro, devono tuttora risolvere divergenze al loro interno per procedere. Poche idee della loro alternativa sono al momento chiare, tra queste l’abbattimento di barriere statali tra gli assicuratori per stimolare la concorrenza. C’è inoltre chi immagina una sostituzione graduale di Obamacare in tre o quattro anni e chi invoca al più uno o due anni, entro le prossime elezioni congressuali. Alcuni vogliono che il progetto conservatore sia contestuale alla cancellazione della riforma democratica, altri vorrebbero prendere tempo.
Il Corriere della Sera – 5 gennaio 2017