Manifestazione nazionale indetta dalle sigle che compongono l’Intersindacale della dirigenza medica e sanitaria del Ssn. Dal palco di Piazza Santi Apostoli la denuncia per le condizioni critiche in cui versa la sanità pubblica e la delusione per l’operato del nuovo Governo. “Siamo contro l’eredità che questo Governo sta prendendo sulla linea dei tagli alla sanità e sulla mancanza di risposte rispetto alle pessime condizioni di lavoro di chi tiene in piedi il Servizio sanitario nazionale”. Dobbiamo essere uniti, compatti e determinati per salvare la sanità pubblica, per il diritto alla salute di ogni cittadino, nell’interesse della collettività”. Ha detto Aldo Grasselli Presidente FVM. Chiara Servili Dirigente Veterinario Asl Roma 4 ha voluto ricordare la difficoltà delle donne veterinarie. “Chiediamo con forza di poter lavorare in serenità – ha sottolineato – ma per far questo è indispensabile che venga rivisto il finanziamento del Ssn che deve consentire un piano di assunzioni coerente con il reale fabbisogno di personale, condizione indispensabile per poter lavorare in sicurezza”.
Un contratto già scaduto non attuato, 5 milioni di ferie non pagate, 10 milioni di ore di straordinario non retribuite”. Questo rende i “medici stanchi, arrabbiati, disillusi” così li ha descritti il segretario dell’Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, intervenendo dal palco allestito a Roma a piazza Santi apostoli dove si è svolta la manifestazione dell’intersindacale della dirigenza medica e sanitaria in difesa della Sanità Pubblica.
“Sette medici al giorno – ha detto – se ne vanno dal Servizio sanitario nazionale: dobbiamo arrestare immediatamente l’emorragia. Per farlo servono investimenti che oggi non si vedono in finanziaria”. Ma serve anche “la depenalizzazione dell’atto medico, che non è un obiettivo ma un punto di partenza, perché abbiamo 35.000 cause che ogni anno vengono intentate contro personale sanitario e 300.000 sono quelle che giacciono nei cassetti ma il 97% si chiude con un nulla di fatto”.
Per tutti questi motivi, ha concluso Di Silverio, “l’intersindacale medica unita è oggi in piazza per `Salvare la Sanità Pubblica´. Non è il momento di salvaguardare un orticello, dobbiamo essere uniti come categoria”.
“Servono almeno 5 miliardi in più per rimettere in sesto un Servizio Sanitario Nazionale altrimenti destinato al fallimento. E invece il governo attuale continua ad ignorare tutte le nostre richieste. Se non si intende invertire la rotta, gli ospedali rimarranno vuoti”, ha detto Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, intervenendo durante la manifestazione.
“Siamo qui – ha detto – per ringraziare chi negli ultimi 10 anni ha chiuso ospedali e pronto soccorso, ha tagliato posti letto e personale, lasciandoci nelle condizioni drammatiche in cui ci troviamo oggi”. Ovvero una situazione, ha precisato Quici, in cui “un giovane medico non trova alcun motivo per iniziare a lavorare nel servizio sanitario nazionale, lavorando in condizioni drammatiche, rischiando continuamente denunce e aggressioni, guadagnando molto meno rispetto al resto d’Europa e senza alcuna prospettiva di carriera”
“Noi – ha concluso il dirigente sindacale – siamo l’ultimo baluardo a difesa del Servizio sanitario nazionale, ma siamo soli. E allora sarà necessario avviare un movimento di protesta, perché quello che stiamo perdendo sotto i nostri occhi è troppo prezioso”.
“Siamo contro l’eredità che questo Governo sta prendendo sulla linea dei tagli alla sanità e sulla mancanza di risposte rispetto alle pessime condizioni di lavoro di chi tiene in piedi il Servizio sanitario nazionale. Dal pubblico i medici si dimettono per lavorare nel privato, guadagnando uno stipendio 4 volte maggiore quello di un medico Ssn. La politica si è dimostrata un amministratore incapace, buttando i soldi dalla finestra e depauperando le risorse per il Fondo sanitario”. Ha sottolineato Alessandro Vergallo, presidente nazionale dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac), nel suo intervento dal palco.
“Come anestesisti – ha ricordato Vergallo – siamo gli specialisti che soffrono di più la carenza di colleghi, corriamo nel cuore della notte per salvare una vita anche rischiando la nostra”.
“Entro il 2030 circa la metà dei medici andranno in pensione. Se non si interviene con urgenza il governo sarà responsabile del fallimento del Servizio sanitario nazionale”. A denunciarlo è il segretario nazionale della Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn, Andrea Filippi, dal palco della manifestazione nazionale.
“Dietro questi numeri, dietro la quotidiana realtà, emerge con forza il bisogno di intervenire per rendere attrattivo il lavoro pubblico, anche investendo sul prossimo contratto nazionale. Altrimenti sanciremo il fallimento del Ssn, vanificando anche l’ingente investimento fatto in questi anni sulla formazione specialistica. Come è nelle ragioni della piazza convocata oggi, bisogna intervenire sull’organizzazione dei servizi e del lavoro, assumere personale e valorizzare le professioni. Queste sono le richieste prioritarie che i sindacati dei medici e dei dirigenti del Servizio sanitario nazionale avanzano al governo. È ora di agire per salvare la sanità pubblica, per difendere il diritto alla salute e il diritto alle cure”, conclude Filippi.
“In Italia non c’è più un ospedale, un distretto, una Regione che possano garantire pienamente i Lea. Le ingenti risorse del PNRR serviranno solo a costruire nuove strutture sanitarie sul territorio che restando senza personale saranno lasciate inattive o regalate alla sanità privata. La sanità privata ringrazia e va all’incasso direttamente dalle tasche di chi ha bisogno di cure. Per difendere il Ssn è arrivato il momento di disobbedire, di reagire e di aprire una vertenza che non si concluderà con qualche mancia extracontrattuale, posto che un contratto negoziato nei tempi e nei modi giusti e con le risorse adeguate Governo e Regioni lo vogliano sottoscrivere. Chi fa prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è il personale del Ssn: una categoria speciale come speciale è il diritto che tutela. Dobbiamo essere uniti, compatti e determinati per salvare la sanità pubblica, per il diritto alla salute di ogni cittadino, nell’interesse della collettività”. Ha detto Aldo Grasselli Presidente FVM.
Dal palco di Piazza Santi Apostoli si è fatta sentire forte la voce delle donne del Ssn: mediche, veterinarie, dirigenti sanitarie hanno raccontato le loro sofferenze e i loro desiderata, descritto la loro forza di donne in prima linea, attraverso lettere al premier Giorgia Meloni.
“Cara Giorgia chiediamo di essere tutelate come donne lavoratrici perché la stragrande maggioranza di noi ritiene le attuali politiche di conciliazione casa lavoro non sufficienti a rendere il proprio lavoro più soddisfacente. La nostra voce, la mia voce qui oggi ha lo stesso senso della sua presenza, della sua scommessa di riuscire a governare il Paese: guardare ai bisogni dei cittadini” ha sottolineato Maria Gabriella Raso Anestesista della Ausl/lrccs Reggio Emilia che ha aggiunto: “Oggi le nostre condizioni di lavoro non sono quelle di un paese civile e nel portare avanti il suo compito di risolvere i problemi del Sistema Sanitario Pubblico si ricordi che avrà perlopiù donne da guardare negli occhi. Donne che, a parte oggi pomeriggio in questa piazza, la guardano, osservano il suo operato, sempre dai loro posti di lavoro, tutti i giorni e tutte le notti, come si dice, H 24”.
“Cara Giorgia, sono una farmacista pubblica, lavoro in un ufficio accanto all’uscita dei rifiuti dell’ospedale, oppure nel garage di una asl in mezzo alle valli delle Dolomiti. “Siamo meno di 3mila in tutta Italia. Entro il 2030, la metà andrà in pensione” ha affermato Sabrina Dipersio, dell’Ao Sant’Andrea di Roma. “Tu, Giorgia, come donna – prosegue – sai che la migliore gestione è fatta da chi si sente nelle viscere la responsabilità di quello che le è affidato: noi ti abbiamo affidato la cura della salute. Per non andare solo ai funerali, vieni ad ascoltare prima, chi ci tiene visceralmente alla salute degli italiani. Tu, Giorgia, come politica che ha fatto la gavetta, e solo oggi sei diventata presidente, sai che non ci si improvvisa per il governo. Non distruggere su un altro gioiello italiano, non cedere ai privati il sistema sanitario italiano. Siamo stanchissimi, potremmo anche scegliere di mollare, sappilo. Giorgia, credi a noi l’emergenza non è la malattia: l’emergenza è garantire la diagnosi e la cura. Noi ci stiamo: e tu, Giorgia?”.
È stata poi la volta di Caterina Pandolfi, medica da 15 anni in Pronto Soccorso, che nella sua lettera al Presidente del Consiglio ha voluto ricordare la sua passione verso il lavoro, ma anche i dubbi sul fatto di restare a lavorare in un PS: “Mi sento sola – ha detto – Il pronto soccorso è diventato una trincea e le “truppe” sono sempre più esili. Intorno a me continuo a vedere colleghi che scelgono di andare via e di abbandonare il Ssn per approdare nel privato. ;i sento stanca! Perché non posso riposare quando ne avrei il diritto. Accumuliamo ore di straordinario non pagato e giorni di ferie di cui non riusciamo a usufruire. Mi sento presa in giro, perché mi capita di lavorare con colleghi ‘gettonisti’ che prendono mille euro a turno facendo arricchire cooperative di dubbi natura. Siamo ridotti ad anelli di una catena di montaggio che bada solo al numero delle prestazioni ed ha perso di vista l’umanizzazione delle cure che è rimessa solo alla buona volontà di noi operatori sanitari E poi il nostro non è neanche considerato lavoro usurante.
Non vi perdonerò mai di aver reso insopportabile e faticosissimo esercitare la professione più bella del mondo – ha chiosato – concorsi banditi per il pronto soccorso vanno deserti e questo è inaccettabile: avete reso la nostra professione non più appetibile per nessuno. Ma nonostante questo sento di volerci ancora stare dentro a questo nostro servizio sanitario nazionale. Non mi arrendo. Non mi voglio arrendere. Per me, per tutti i lavoratori, per tutti gli utenti. Noi ci siamo per tutti, ma voi tutti dovete esserci per noi”.
Chiara Servili Dirigente Veterinario Asl Roma 4 ha voluto ricordare al Premier Meloni, la difficoltà delle donne veterinarie: “Cara Giorgia – ha sottolineato – siamo esposte a ulteriori rischi in un settore in cui si è costretti a lavorare nelle spiegato o nelle industrie alimentari, con compiti di vigilanza e controllo e con ruoli spesso sgraditi agli operatori del settore per le implicazioni anche economiche che possono derivare dalle nostre azioni. Capita spesso di lavorare in perfetta solitudine e con orari di lavoro ben superiori alle 38 ore settimanali previste dal contratto, a volte in territori particolarmente difficili per condizioni sociali ed economiche o in territori a bassa legalità. In questi contesti è facile essere oggetto di aggressioni e intimidazioni (eventi che si verificano purtroppo spesso) e tali azioni sono più frequenti verso noi donne, considerate più facilmente aggredibili. Chiediamo con forza di poter lavorare in serenità – ha concluso – ma per far questo è indispensabile che venga rivisto il finanziamento del Ssn che deve consentire un piano di assunzioni coerente con il reale fabbisogno di personale, condizione indispensabile per poter lavorare in sicurezza”.