L’ultima è la pensione anticipata dalle banche a chi va via in anticipo, esodati inclusi, per una somma che il pensionato restituirà con gli interessi una volta che a pagare l’assegno provvederà l’Inps, raggiunti i requisiti di legge. Ma le proposte per dare flessibilità al mercato del lavoro in uscita in questi giorni sono varie.
E a ben riflettere appaiono complementari le ipotesi di anticipo della pensione del presidente Inps Tito Boeri di consentire la pensione a tutti a 63 anni con un 3% penalizzazione annuo (ma si permetterebbero a quanto pare anche soli 20 anni di anzianità) e quella dell’ex ministro del lavoro Cesare Damiano, che prevede la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a 62 anni con anzianità 41 anni e senza penalizzazione. Al di là degli ambiti descritti (prevalentemente Inps con pochi medici interessati), le ipotesi prevalenti di anticipo della pensione, che interessano tutti i contribuenti, contemplano la possibilità di una penalizzazione del 2-3% annuo sull’assegno. Per rimpiazzare quote di reddito del 7-10% diventa importante scommettere sulla previdenza complementare. E qui vengono le dolenti note: secondo Covip, l’ente di vigilanza sui Fondi integrativi, gli iscritti a forme di previdenza complementare sono poco più di 7 milioni, ma almeno 1,6 avrebbero interrotto la contribuzione: o hanno perso il lavoro o la crisi ha drasticamente diminuito il loro reddito. Per rilanciare il “secondo pilastro” si ipotizza di abbassare dal 20 al 16% l’aliquota sui rendimenti, che fino a due anni fa era dell’11% e quindi godeva di un trattamento agevolato. «In questi anni, in generale, più che un abbandono dei fondi pensione rileviamo una preoccupante non-scommessa su questa opportunità», riflette Luigi Daleffe responsabile di Fondosanità. «La legge di stabilità 2015 che ha portato dall’11 al 20% la tassazione dei rendimenti ha influito psicologicamente su tutti i lavoratori e in particolare su chi si è sempre tenuto lontano dai fondi. La loro riflessione è stata che il governo in qualsiasi momento può rendere poco conveniente la scommessa. Invece occorrerebbe rilanciarla».
«Alla crisi dei fondi in ambito medico – riflette Daleffe – credo abbiano influito poco anche dal punto di vista psicologico i pochi casi di perdita reddituale. Anzi, negli ultimi anni abbiamo riscontrato una lievissima crescita degli iscritti a Fondosanità (medici, odontoiatri, farmacisti, veterinari, infermieri iscritti Enpapi). Si è verificata tra i liberi professionisti soprattutto, e si deve al fatto che in tempi di crisi chi ha la possibilità tende a mettere via qualcosa. Ma si deve anche a un secondo fattore: all’indomani della riforma del regolamento Enpam siamo andati in giro per tutti i capoluoghi a illustrarla, e io stesso ho illustrato ai giovani le opportunità consentite da un secondo pilastro, e in effetti dei nuovi iscritti molti sono giovani».
Doctor33 – 23 aprile 2016