Un animale domestico a testa. Nel nostro Paese si stimano circa 60 milioni di abitanti e altrettanti sono cani, gatti, pesci, piccoli mammiferi, rettili e uccelli ospitati nelle nostre case come animali d’affezione. Fanno parte di nuclei familiari tendenzialmente più numerosi, con 2,8 componenti a fronte di 2,4 della media nazionale, ma gli animali da compagnia sono in crescita anche nelle famiglie con un solo componente, passate dall’8,4 per cento del 2011 all’11,1 del 2017. Nelle nostre case ci sono soprattutto pesci, quasi 30 milioni, e uccellini, circa 13 milioni, numero che ci vale il primato in Europa. Quasi 7 milioni sono i cani, circa 7,5 milioni i gatti, mentre gli altri piccoli mammiferi (conigli, furetti e roditori come criceti, cavie e cincillà) sono 1,8 milioni. I rettili come tartarughe, serpenti e iguane sono infine circa1,3 milioni.
Il censimento dei non umani nelle case italiane è contenuto nel rapporto Assalco-Zoomark 2017, compendio annuale sul mondo degli animali domestici che verrà presentato a Bologna giovedì prossimo, in occasione dell’apertura di Zoomark International 2017. Assalco è l’ Associazione nazionale tra le imprese per l’alimentazione e la cura degli animali da compagnia, mentre Zoomark international è la fiera più importante in Europa sui prodotti e le attrezzature per gli animali da compagnia. Per la 17ª edizione a Bologna, dall’11 al 14 maggio, Zoomark conta già 735 espositori (un aumento del 17 per cento) a riprova del crescente interesse per gli animali domestici e il mercato ad essi connesso.
Alla stesura del rapporto hanno collaborato anche Iri Information resources e l’Associazione nazionale medici veterinari: il risultato è un documento che fotografa un Paese in cui gli animali d’affezione hanno un ruolo sociale sempre più importante, a fronte di alcune carenze legislative. Manca, ed è una lacuna alla quale il rapporto cerca di sopperire, un’anagrafe nazionale che conti con certezza almeno i cani e i gatti, cosicché i numeri proposti, per quanto affidabili, si basano ancora su stime. Il rapporto mette appunto in luce come la comprovata importanza sociale degli animali domestici non si traduca in indicazioni precise del loro status. Così, se il 90 per cento di chi ha un animale domestico afferma che la sua presenza è importante per vivere meglio, l’Iva al 22 per cento (come per i beni di lusso, tra le più alte in Europa) su cure veterinarie e alimenti specifici può dissuadere dal farsi carico di una bocca in più da sfamare e curare. Tuttavia le famiglie che hanno un animale domestico spesso ne accolgono più di uno (il 42 per cento) e sono molto attente a garantirgli una buona qualità di vita. Il 77 per cento degli animali d’affezione nel nostro Paese mangia cibo industriale consigliato dai veterinari, che nell’85 per cento dei casi lo raccomandano poiché bilanciato, nutriente e sicuro. Tra i proprietari, 9 su su 10 hanno un veterinario di riferimento e l’85 per cento ci va abitualmente una o più volte l’anno. Ad accompagnare gli animali dal dottore sono soprattutto le donne (68,5 per cento). In netto aumento anche gli uomini, erano il 24,7 per cento dieci anni fa e oggi sono il 31,5 per cento.
Il rapporto sottolinea inoltre che gli anziani oltre i 65 anni dichiarano che grazie ai loro compagni non umani hanno visto migliorare il loro benessere psicofisico e le relazioni sociali, mentre i bambini di famiglie con un animale domestico fanno meno assenze a scuola. Non stupisce perciò che soprattutto cani e gatti siano considerati membri della famiglia a tutti gli effetti, nonostante soltanto per i primi sia obbligatoria l’iscrizione all’anagrafe e il Censimento generale della popolazione non rilevi questi italiani non umani. Così il rapporto, forte di questi dati, sottolinea l’importanza di introdurre nella Costituzione italiana il riconoscimento dello status degli animali d’affezione, come è stato fatto nelle Carte fondative di Austria, Germania e Svizzera.
Repubblica – 9 maggio 2017