Fabio De Ponte. Paternità retribuita aggiuntiva, asili nido, facilitazioni sugli orari e persino giornate di volontariato pagate dall’azienda. Se l’Italia è indietro sul fronte dei diritti e dei servizi, le grandi aziende corrono ai ripari. Un po’ per immagine, un po’ per aumentare la produttività puntando sul benessere dei dipendenti, un po’ per difendere una lunga tradizione.
Il problema
Servizi che non compensano soltanto carenze dello Stato, ma che favoriscono anche un cambiamento culturale troppo lento. Da decenni l’Ue chiede agli Stati membri di favorire una reale parità di genere sul lavoro attraverso misure che consentano anche agli uomini di prendersi cura dei figli. Perché – è il ragionamento – finché lei è la titolare della cura dei figli e della casa e lui soltanto un «aiutante» a mezzo servizio, per forza di cose sul lavoro si verificherà la situazione simmetrica: lui sempre disponibile e meglio retribuito e lei vincolata alle esigenze domestiche, con un impegno sempre ipotecato e in definitiva incerto.
Le regole in Italia e Ue
E cosa prevede la legge in Italia? I papà hanno appena due giorni di congedo obbligatorio per la nascita del bambino. L’anno scorso ce n’erano altri due facoltativi, ma quest’anno sono saltati. E nel resto d’Europa? In Francia ci sono tre giorni per la nascita del figlio più 11 «per l’accoglienza»; in Spagna il congedo, che era già di due settimane, è diventato da quest’anno di quattro; nel Regno Unito è possibile prendere fino a due settimane, e così è anche in Polonia. In Germania non ci sono questi giorni ma si può stare a casa fino a 14 mesi, con un stipendio al 67%. In Italia i papà possono stare a casa fino a 6 mesi, con lo stipendio al 30%.
Il welfare delle aziende
E le aziende come intervengono? Intesa Sanpaolo integra questo 30% con un altro 10%, così il papà può stare a casa con una retribuzione al 40%. Luxottica è quella che più si avvicina a Ing in Olanda (vedi l’articolo nell’altra pagina), mettendo a disposizione due settimane di congedo retribuito: cinque giorni subito, che si aggiungono ai due previsti dalla legge, e un’altra settimana di permesso all’inserimento dei figli al nido. Forniscono poi negli anni orientamento scolastico, borse di studio, libri di testo, assicurazioni sanitaria e sulla vita.
Unicredit mette a disposizione asili nido, oltre a proporre iniziative per i ragazzi, contributi per lo studio dei figli e iniziative di orientamento.
La Ferrero, storica industria del cioccolato, mette a disposizione un asilo per 80 bambini per i figli dei dipendenti (ma ci sono anche posti per i residenti della zona), strutture sportive, servizi di sportello per le pratiche amministrative e fiscali.
Il volontariato
Nell’ottica di dare un contributo positivo al territorio, alla Fiat Chrysler-Fca – un po’ come alla Ing – hanno messo in piedi una serie di attività per il territorio, in particolare a Torino. Operai e dirigenti – compatibilmente con i turni di lavoro – hanno tinteggiato l’istituto Salvemini, il Primo Levi, le panchine del parco Colonnetti, risistemato la cascina Roccafranca e altro ancora. Tutte iniziative a carattere volontario svolte in ore di lavoro, con materiali messi a disposizione della azienda.
Anche a Intesa, su questo fronte, si sono dati da fare. Hanno messo in piedi una «banca del tempo» grazie alla quale i dipendenti possono dedicarsi ad alcuni progetti: la comunità di recupero «La tenda» per tossicodipendenze a Napoli, il Sermig a Torino, la distribuzione di cibo a Milano con l’associazione «Pane quotidiano».
È comunque la Fca l’azienda che vanta il sistema di welfare più esteso: soggiorni per i ragazzi, corsi di inglese, borse di studio, eventi a Natale in cui vengono regalati ai figli dei dipendenti oltre 20 mila pacchetti, visite mediche negli stabilimenti; un asilo da 75 bambini a Torino, il Mirafiori Baby, sconti sui viaggi, persino uno spaccio interno di abbigliamento e alimentari. Oggi Fca ha messo in campo – sfruttando le agevolazioni contenute nell’ultima manovra – un piano che consente, a chi aderisce, di percepire una parte dell’incentivo di produttività in beni e servizi senza che vengano applicati imposte e contributi. Su un premio di 700 euro lordi, per esempio, invece di portare a casa 560 euro netti, si consumano servizi per 735 euro. Sanità convenzionata, ristoranti aziendali, colonie estive, palestre.
Il lavoro da casa
La Vodafone punta sull’orario flessibile: le persone di rientro da un congedo parentale possono lavorare da casa due giorni alla settimana. Da settembre 2015 ad oggi, le giornate totali di «smart working», come lo definisce la Vodafone, sono state oltre 109 mila. Coinvolte 3.026 persone (quasi paritariamente uomini e donne). Il tele-lavoro si aggiunge a una serie di altre misure di welfare, alcune molto consistenti, come la maternità retribuita a stipendio pieno per 9 mesi e mezzo. Ci sono anche un fondo sanitario integrativo e gli asili aziendali.
La Stampa – 21 luglio 2017