Il 71% di tutta la superficie agricola dell’Unione europea è destinato all’alimentazione del bestiame e solo il restante 29% a prodotti per il consumo umano. Agli allevamenti intensivi e alle aziende che producono alimenti per gli animali la Ue versa, attraverso la Politica agricola comune (Pac), una somma compresa tra i 28,5 e i 32,6 miliardi di euro, secondo meccanismi che favoriscono le aziende di maggiori dimensioni. Con il risultato che quelle più piccole scompaiono progressivamente e quelle più grandi incrementano il numero dei capi allevati. Non solo: quattro Paesi dell’attuale Ue a 28 Stati — Germania, Francia, Spagna e Regno Unito — sommano più della metà dei capi di bestiame allevati nel territorio comunitario (il 54% dei bovini, il 50% dei suini e il 54% di ovini e caprini).
I numeri emergono da uno studio commissionato da Greenpeace che viene pubblicato oggi in tutta Europa. Il rapporto — titolo originale Feeding the problem, che in italiano diventa un eloquente «Soldi pubblici in pasto agli allevamenti intensivi» — è accompagnato da una petizione internazionale che chiede a Bruxelles di rivedere i criteri con cui vengono erogati i fondi comunitari, con una netta virata verso l’agricoltura «green». «A parole dicono tutti di volere spostare l’attenzione su un’agricoltura sostenibile — commenta Federica Ferrario, responsabile agricoltura di Greenpeace Italia —, ma di fatto non si cambiano le regole di erogazione dei contributi, che spazzano via le aziende più piccole facendo cambiare volto all’allevamento nel nostro continente»
Lo studio evidenzia che tra il 2005 e il 2013 hanno cessato la loro attività circa 3,5 milioni di aziende agricole (passate da 14,2 a 10,7 milioni), con un calo del 26%. Nel solo settore zootecnico la riduzione è stata del 32%, cioè quasi 3 milioni in numeri assoluti. Le grandi aziende, che intercettano il grosso dei contributi Ue, invece prosperano e nello stesso periodo hanno pure aumentato di 10 milioni le proprie «unità di bestiame», arrivando a 94 milioni (nelle più piccole la quota si è dimezzata e ora supera di poco il milione).
Agli allevamenti intensivi sono connessi problemi di inquinamento e di antibioticoresistenza, che hanno ricadute sulla salute delle persone. Per questo viene chiesto alla Ue di favorire anche attraverso le politiche agricole un’alimentazione più basata su cereali e vegetali, come raccomandato anche dall’Oms. «Basterebbe applicare un principio semplice — sottolinea Greenpeace —: niente soldi pubblici a chi inquina. Oggi avviene esattamente il contrario».
Il Corriere della Sera