Un esempio recente riguarda una decina di abitanti di Venezia, che hanno impugnato al Tar l’ordinanza del Comune che limitava gli spostamenti con barche private in Canal Grande: quando i legali di Ca’ Farsetti si sono presentati in udienza dicendo che l’ordinanza era stata revocata e sostituita da una nuova per correggere un errore materiale, gli avvocati Sebastiano Tonon e Bartolomeo Suppiej non l’hanno presa bene.
«Ora dovremo fare un nuovo ricorso e pagare di nuovo il contributo», spiega Tonon. Altri 1300 euro, che fortunatamente non pesano nelle tasche dei loro clienti, tra cui spicca Luca Marzotto, ad di Zignago Holding.
Perché se un cittadino o un imprenditore vogliono contrapporsi a una pubblica amministrazione e a un suo atto che ritengono illegittimo, devono aprire bene il portafoglio: si va dai 300 euro per i ricorsi più semplici ai 650 euro per quelli standard e alle vere e proprie «stangate» sugli appalti: se il valore dell’opera supera il milione bisogna sborsare 6 mila euro, avvocato escluso ovviamente. E così il numero dei ricorsi cala inesorabilmente e lo ha fatto anche nel 2013, come certificherà questa mattina il presidente del Tar del Veneto Bruno Amoroso nell’inaugurazione dell’anno giudiziario: erano stati 1954 nel 2012, annus horribilis con il minimo storico, sono stati 1929 nel 2013, nonostante sia arrivato al tribunale amministrativo, dopo essere stato precedentemente trattato di fronte al giudice del lavoro, l’enorme contenzioso sugli sgravi fiscali di Venezia, con ben 92 ricorsi presentati nel corso dell’anno. Tanto per avere un’idea, c’erano già 2140 ricorsi nel 1974, quando i Tar furono attivati, e nel 2000 (quando però tra le competenze c’era anche il pubblico impiego) erano addirittura 3801. «Che tanti cittadini o comitati siano tagliati fuori dai costi di un ricorso è un dato di fatto – spiega Franco Zambelli, presidente dell’associazione veneta degli avvocati amministrativisti – ma c’è anche una forte componente di sfiducia del cittadino nella risposta del Tar. Gli esiti sono sempre più incerti, anche a causa dell’incertezza normativa». «Il vero motivo del calo dei ricorsi è la crisi economica, basta vedere anche il calo del lavoro dei notai, che di solito sono lo specchio della situazione – aggiunge l’avvocato Alfredo Bianchini – ma contributi così onerosi sono anti-democratici, impediscono l’accesso alla giustizia delle classi meno abbienti». In particolare un settore sta vivendo grosse difficoltà e nelle aule si vede. «Un tempo circa il 40 per cento dei ricorsi era su materie urbanistico-edilizie: venivano impugnati i grandi piani edilizi, le concessioni, i grandi appalti – conclude l’avvocato Vittorio Domenichelli – Ora invece questo settore è completamente bloccato e il contenzioso di conseguenza».
Corriere del Veneto – 27 febbraio 2014