La somma «definanziata» alle Ferrovie era destinata alla rete. Intanto tagli per un miliardo. E poi lo spettro del chissà che cosa per trovarne altri 10 tra quest’anno e l’inizio del prossimo (di cui 5 subito). La fine dell’Imu questo comporta, così come la copertura delle altre iniziative (e promesse) del governo, dall’Iva alla Cassa integrazione in deroga, a tutto il resto.
Mercoledì 28 agosto il coro dei ministri era tutto sull’Alleluja nell’annunciare l’abolizione della tassa sulla casa, ora però si debbono fare i conti e cominciano i dolori. Tanto per cominciare il ministero dell’Economia rileva che senza la prima rata Imu il fabbisogno ad agosto si è impennato: era stato di 5,9 miliardi nell’agosto del 2012, è lievitato a 9,2 miliardi. Un allarme. Poi parla il sottosegretario all’Economia Paolo Baretta ai microfoni di Radio24: «Entro il prossimo mese, e comunque con la Legge di stabilità, il Governo deve trovare due miliardi per la seconda rata dell’Imu, un miliardo per l’Iva e un altro miliardo circa per la Cassa integrazione e per il rifinanziamento delle missioni all’estero, sperando che non si aggiungano altre emergenze».
Totale, 4 miliardi. Ma non basta mica solo questo: siamo a settembre e si guarda già ai conti dei prossimi mesi che sforano nel 2014, così che l’elenco dei fondi da trovare si allunga. Oltre ai 2 miliardi per l’Imu, altri due ne servono per l’alleggerimento della service tax (la tassa ce sostituirà Imu e Tares e che dovrebbe essere più leggera della somma delle due messe insieme), la deducibilità Imu per le imprese costerà un altro miliardo e mezzo, se si vuole stoppare l’Iva serve un ulteriore miliardo, il rifinanziamento delle missioni all’estero costerà almeno 400 milioni, la copertura del mancato aumento dei ticket sanitari, richiede 2 miliardi. Facciamola breve: servono 10 miliardi tra quest’anno e il prossimo, e la metà subito, cioè con la legge di stabilità che è alle porte.
La toppa all’Imu si mette, per intanto con un taglio di quasi un miliardo a 11 ministeri che perdono 300 milioni solo alla voce «consumi intermedi», cioè a tutte le spese funzionali. Ma c’è anche una decurtazione di 250 milioni al fondo per l’occupazione che fa saltare sulla sedia i sindacati («ma come, una gaffe del genere nel giorno dell’accordo tra noi e Confindustria per il lavoro», commenta Raffaele Bonanni) e che il premier Letta giustifica dicendo che «tanto non sarebbe stato utilizzato». Dopo di che il ministero dell’Economia ha agito con la mannaia su voci di spesa sancite da precedenti Finanziarie dal 2005 in avanti. E così, a leggere nell’elenco dei tagli, si scopre un «definanziamento» di 300 milioni alla rete ferroviaria, 55 milioni che vengono tolti a una manovra del 2008 per l’assunzione di agenti delle forze dell’ordine, di 35 dovrà fare a meno l’Anas, 20 milioni erano stati stanziati dalla finanziaria del 2005 per l’assunzione di guardie di finanza e anche questi scompaiono, 50 milioni li aveva previsti l’ultima legge di stabilità per personale della difesa, degli interni, della giustizia e dell’economia. Via anche questi, più una sequenza di tagli «mirati» ai bilanci dei ministeri, per un il totale di 975 milioni. E siamo solo all’inizio.
Che fare? Il viceministro dell’Economia Stefano Fassina ha un’idea: «Si dovrebbe reintrodurre l’Imu sul 5% delle prime abitazioni di maggior valore e con il miliardo di euro all’anno recuperato coprire la deducibilità dell’Imu alle imprese. Tra rendita e fattori produttivi dobbiamo scegliere i fattori produttivi». Il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio garantisce che i soldi si troveranno senza introdurre nuove tasse e vuole tranquillizzare i comuni) preoccupati per l’Imu che svanisce e per il patto di stabilità da rispettare: «Sappiamo che i bilanci hanno bisogno di certezze – ha detto – e sono convinto che con la legge di stabilità verranno risolte le incertezze che agitano il cuore dei nostri sindaci».
La Stampa – 3 settembre 2013