La prima conseguenza della crisi di governo si è fatta sentire in Parlamento appena sono ricominciati ieri mattina i lavori delle commissioni. Alle 13 scadeva il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto legge Imu, il provvedimento simbolo del governo Letta ora all’esame della Camera.
Ma dopo lo tsunami che si è abbattuto sull’Esecutivo la scadenza è slittata a giovedì prossimo alla stessa ora, quando si dovrebbe capire – dopo il voto di fiducia al Governo – quale sarà il destino della prima rata. Perché tutto il castello di parole e di norme (poche) finora messo in piedi sull’Imu potrebbe cadere aprendo le porte a nuovi scenari. Qualora il governo fosse sfiduciato e la legislatura si chiudesse prematuramente la tassa sulla prima casa potrebbe essere riscritta ancora una volta. Con una clamorosa retromarcia anche sull’abolizione tout court della prima rata che potrebbe essere fatta pagare ai redditi più alti.
Il Pd infatti, con l’assenso del premier, di fronte alla rottura del patto di coalizione con il Pdl non avrebbe alcuna intenzione di varare il decreto così com’è. Anche perché potrebbe facilmente formarsi in Parlamento una maggioranza alternativa a favore di una riscrittura. A farlo intendere è stato ieri il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia: «Noi il decreto legge lo vareremo a tutti i costi ma se non c’è la service tax il Parlamento è sovrano». Tra i favorevoli a un cambio di rotta c’è anche Scelta civica: «Trasformiamo – è la proposta del responsabile Politiche Fiscali, Enrico Zanetti – l’abrogazione della sola prima rata sull’abitazione principale in un raddoppio delle detrazioni. Così facendo, diamo immediata attuazione all’abrogazione di fatto anche della seconda rata per circa il 70% delle famiglie e garantiamo comunque una minore Imu da 200 a 300 euro al restante 30% che pagherà il saldo entro il 16 dicembre». Il relatore Marco Causi (Pd) prova invece a fare il pompiere: la strada maestra è quella di approvare in tempi rapidissimi e senza modifiche il Dl. Ma se dovessero mutare le condizioni politiche il Pd – spiega Causi – sarebbe pronto a rivedere il dl almeno in due parti: «Sulle imprese, con la deducibilità dell’Imu dall’Ires e dall’Irpef, e sugli immobili concessi in affitto».
Quello sull’Imu è solo il primo di una lunga catena di rinvii e cancellazioni – come l’attesissima informativa del premier sul caso Telecom prevista per questa mattina – che hanno sconvolto l’agenda dei lavori in Parlamento, riscritta ieri in tutta corsa dalle capigruppo di Camera e Senato per dare la precedenza all’evento clou: l’informativa di Letta sulla crisi di Governo che lo vedrà prima al Senato domani mattina – alle 9,30 – e poi nel pomeriggio alla Camera dalle 16 in poi. Tra gli slittamenti di peso c’è quello del decreto legge sulla Pa che scade il 30 ottobre prossimo ed era atteso oggi pomeriggio nell’aula del Senato. L’esame dovrebbe riprendere già mercoledì pomeriggio. Tempi stretti invece alla Camera per il decreto cultura e quello sul femminicidio: il primo scade l’8 ottobre, il secondo una settimana dopo. Il primo sarà esaminato domani mattina prima dell’arrivo di Letta per poi riprendere, qualora fosse necessario, anche nella mattinata di giovedì. Sempre giovedì mattina tornerà in pista il dl in materia di violenza di genere su cui pesa la mole di 414 emendamenti, mentre nel pomeriggio proseguirà l’esame ed il voto sugli emendamenti al Ddl sul finanziamento pubblico ai partiti. Annullate, infine, tutte le audizioni sulla nota di aggiornamento del Def, previste a palazzo Madama.
Il Sole 24 Ore – 1 ottobre 2013