Il caso
Un casellante autostradale si assenta dal posto di lavoro dopo una malattia; il datore lo ritiene, invece, idoneo al lavoro e, rilevata un’assenza ingiustificata e priva della necessaria comunicazione, lo licenzia. (sentenza n. 10015/11)
In primo grado il licenziamento è giudicato illegittimo e la Corte d’Appello di Napoli. Il datore di lavoro propone ricorso per cassazione.
L’assenza poteva considerarsi giustificata dallo stato di malattia risultante da referti medici; inoltre, la malattia poteva dirsi compatibile con la partecipazione del lavoratore a due brevi recite teatrali amatoriali, che venivano contestate dal datore di lavoro. Ciò che rileva, secondo la Corte, ai fini della valutazione sull’illegittimità del licenziamento, è il contenuto dell’addebito mosso al dipendente. La contestazione dell’addebito, in tema di licenziamenti disciplinari, ha come obiettivo di consentire al lavoratore il proprio diritto di difesa e deve, per questo motivo, rivestire il carattere della specificità. Non si possono modificare i fatti contestati. Inoltre, simili finalità di garanzia ha anche il principio dell’immutabilità dei fatti contestati, che non appare rispettato quando le modificazioni dei fatti contestati al dipendente configurino elementi integrativi di una fattispecie di illecito disciplinare diversa e più grave. Così, il riferimento, contenuto nella lettera di contestazione disciplinare, alla mancata autorizzazione per l’assenza limitava l’addebito unicamente a questo dato fattuale, lasciando supporre una richiesta del dipendente, non accolta ma neanche formalmente negata. Al contrario, le successive difese dedotte in giudizio dal datore di lavoro aggiungevano un di più, consistente nella mancata comunicazione ai responsabili dell’intenzione di abbandonare il posto di lavoro. Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha evidenziato la diversità tra la contestazione e le successive difese giudiziali, ritenendo illegittimo il licenziamento posto in essere dalla società
Lastampa.it 23 settembre 2011