Repubblica. Prima palazzo Madama, ora Montecitorio. Il Covid irrompe in Parlamento e manda gambe all’aria la commissione Bilancio della Camera, costringendo il presidente Roberto Fico a correre ai ripari per evitare che il decreto Agosto scada prima della sua conversione in legge (il 14 ottobre) e gli indirizzi sul Recovery Fund, attesi oggi al voto dell’Aula, non scavallino il Consiglio europeo in programma fra nove giorni.
Una deadline da rispettare a ogni costo per dimostrare ai Paesi cosiddetti frugali di aver fatto i compiti a casa. E che finisce per coinvolgere anche la Nadef, varata nella notte in Cdm, il cui iter parlamentare sarebbe dovuto iniziare già nelle prossime ore.
Sono gli effetti collaterali della positività di Beatrice Lorenzin, componente della Bilancio, che ha obbligato il presidente Fabio Melilli in quarantena precauzionale e i colleghi di Commissione a uno screening di massa. Esattamente quanto accaduto in commissione Esteri, dopo che il sottosegretario Riccardo Merlo si è scoperto pure lui contagiato «forse dall’autista»: tutti i partecipanti all’audizione della settimana scorsa, a partire dal presidente Piero Fassino, si sono posti in autoisolamento fiduciario. E positivo è risultato anche Francesco Zicchieri, vicecapogruppo della Lega alla Camera.
E mentre alla Corte Costituzionale quattro contagi hanno fatto rinviare l’udienza pubblica prevista per oggi, in quarantena è finita pure Ursula von der Leyen dopo che 159 persone dello staff della Commissione Ue sono risultate infette.
Intanto a Montecitorio entrambe le commissioni sono state annullate e il calendario d’Aula è stato ridisegnato per scongiurare ricadute pesanti, in particolare, sul Recovery Plan. L’assemblea tornerà a riunirsi stamattina per ascoltare le comunicazioni del ministro Roberto Speranza, ma il voto sugli indirizzi del piano italiano da presentare in Europa, contenuti nella relazione della commissione Bilancio, è stato fatto slittare all’inizio della prossima settimana. Mentre l’esame del Decreto Agosto comincerà dopodomani, in modo da potersi concludere al più tardi il martedì successivo con la fiducia.
Una gimcana che si traduce in una corsa contro il tempo, sia per il Parlamento sia per il governo. E riapre il dibattito sul voto mentari da remoto: battaglia portata avanti sin dal lockdown dal costituzionalista dem Stefano Ceccanti. Il quale fa subito sapere di aver già raccolto 45 firme di ogni schieramento politico per chiedere la «modifica dei regolamenti che disciplinano la possibilità di partecipare a distanza ai lavori in caso di impedimento. Credo che — spiega Ceccanti — ancor più dopo il blocco della Bilancio occorra agire con responsabilità e celerità».
Ma l’idea non piace al questore della Camera Gregorio Fontana: «Si può discutere di tutto ma il voto on line presupporrebbe un iter di modifica troppo complicato». E bocciata è anche l’ipotesi di chiudere Montecitorio per 24 ore: «La sanificazione si fa ogni giorno», taglia corto il vicepresidente di FdI Fabio Rampelli, «col virus bisogna conviverci, dobbiamo continuare a lavorare come si fa nelle scuole e nelle città».