Anche il nostro Paese tra quelli che hanno segnalato casi di Covid negli animali all’Oie. Mentre la Danimarca sopprime tutti gli esempleri da pelliccia, l’associazione animalista denuncia: “Da noi silenzio irresponsabile”
di Andrea Tornago, Repubblica
È un incubo. Un nuovo spillover del virus Sars-CoV-2, questa volta passato dall’uomo all’animale e poi nuovamente trasmesso all’uomo in una forma mutata, chiamata “cluster 5”: una variante che mostra una “ridotta sensibilità agli anticorpi neutralizzanti”. Quanto basta per rischiare di indebolire o rendere inefficaci i vaccini in sperimentazione in tutto il mondo, secondo l’Oms, che il 6 novembre scorso ha chiesto “ulteriori studi scientifici e di laboratorio per comprendere ogni possibile implicazione che questa scoperta comporta in termini di diagnostica, terapeutica, e dello sviluppo di vaccini”.
La posta in gioco è enorme. In Danimarca, dove è stata accertata nell’uomo la mutazione del virus resistente agli anticorpi, l’Oms monitora l’abbattimento dell’intera popolazione dei visoni con danni che sfiorano il miliardo di euro. Ma anche l’Italia compare tra i Paesi che hanno segnalato all’Organizzazione mondiale della sanità animale casi di Covid-19 nei visoni, insieme a Paesi Bassi, Spagna, Svezia, e Usa. Il problema è molto più vicino a noi di quanto sembri.
Il 10 agosto scorso in un grande allevamento di Capralba, in provincia di Cremona, l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna trova due campioni positivi al Sars-CoV-2 in tamponi faringei e in vario materiale biologico raccolto nei visoni sia vivi che morti. I controlli scattano dopo che un lavoratore dell’azienda agricola, in cui sono concentrati 26 mila dei 60 mila visoni presenti in Italia, era risultato positivo al Covid-19.
Ma per più di due mesi, fino alla fine di ottobre, l’Italia non segnala nulla all’Oms. La lettera con cui il capo dei servizi veterinari del ministero della Salute informa per la prima volta dei casi di positività nel Cremonese è del 30 ottobre, e le autorità italiane ammettono di non essere in grado di sequenziare il virus trovato nei visoni: “In entrambi i campioni positivi – scrive il funzionario del ministero – il materiale genetico era insufficiente per isolare il genotipo del virus”.
Impossibile quindi determinare se anche da noi la circolazione virale nei visoni abbia portato a una mutazione di Sars-CoV-2 che ha poi infettato di ritorno anche l’uomo, come accaduto in Danimarca. I test successivi hanno riscontrato solo un ulteriore caso positivo. La comunicazione si conclude con un margine di incertezza: “Possiamo supporre che non ci sia stata circolazione del virus nell’allevamento”. E negli altri allevamenti italiani, disseminati tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Abruzzo? Non è dato sapere.
La vicenda oggi si può ricostruire grazie a una serie di accessi agli atti della Lega Anti Vivisezione, che dal maggio scorso chiede invano al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro della Salute Roberto Speranza una stretta sorveglianza degli allevamenti italiani e la loro chiusura dal 2021: “C’è stato un grave ed irresponsabile silenzio e un’inerzia delle istituzioni – denuncia Simone Pavesi della Lav -: invece di avviare un rigoroso screening con test diagnostici in tutta Italia, anche dopo casi conclamati di positività, hanno continuato a limitarsi all’osservazione clinica pur sapendo che i visoni, come le persone, possono essere asintomatici”.
La prima circolare ministeriale del 14 maggio raccomanda indagini epidemiologiche su animali e personale solo in caso di presenza di sintomi e aumento di mortalità nei visoni. L’infezione però può essere silente, come segnala anche la Spagna nel corso dell’estate: “La circolazione del virus è confermata – scrivono all’Oie le autorità sanitarie spagnole – senza mostrare mortalità o segni clinici compatibili con la malattia”. L’Italia ne prende atto con una nuova circolare dei servizi veterinari datata 21 luglio: gli animali possono essere positivi anche senza presentare al-cun sintomo, precisa il ministero della Salute, e spesso i focolai coinvolgono sia i visoni che i lavoratori degli allevamenti. Le conclusioni però sono sorprendenti: “Si rinnova quindi la richiesta di intensificare la sorveglianza clinica, al fine di monitorare la comparsa di eventuale sintomatologia sospetta nonché fenomeni di mortalità anomala”. Come se la presenza di infezioni asintomatiche non fosse stata mai registrata.
Almeno a Cremona è stata esclusa la circolazione di un Sars-CoV-2 mutato negli addetti all’allevamento? “Tutti i sei lavoratori sono stati testati – rende noto l’Ats Val Padana – due di loro sono risultati positivi mentre i contatti stretti negativi”. Ma in nessuno di loro è stata isolata la sequenza genetica del virus. Il rebus del caso italiano resta irrisolto.