Il Corriere della Sera. La variante Delta, B.1.617.2 (conosciuta anche come «indiana»), è nel nostro Paese: l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità risalente al 18 maggio parla di una prevalenza dell’1% ed è recente il caso di un focolaio in una palestra di Milano in cui c’è stato almeno un caso sequenziato, quello di un sanitario già vaccinato (con due dosi) contagiato dalla Delta.
1 Questa variante può provocare reinfezioni nei vaccinati?
È possibile, ma in pochi casi. Le prime risposte quantitative a questo interrogativo provengono dal Regno Unito, dove la Delta ha ormai soppiantato la variante Alfa (ex «inglese») e costituisce il 96% dei casi, ma soprattutto dove i sequenziamenti dei nuovi positivi sono così numerosi da essere arrivati all’88% del totale, consentendo un’analisi più puntuale. Il 68% delle persone contagiate con la Delta sono soggetti non vaccinati.
2 In quali strati di popolazione si sta diffondendo nel Regno Unito?
Una forte concentrazione di positivi si è riscontrata nella fascia 10-29 anni. Meno del 5% dei casi ha riguardato gli over 60. Ciò si allinea con la copertura vaccinale nel Regno Unito che vede ancora circa 15 milioni di giovani adulti non vaccinati e altri 8 milioni parzialmente vaccinati. L’analisi di controllo su una coorte sottoposta a test molto frequenti (il personale sanitario) mostra davvero poche reinfezioni (4 nell’ultima settimana).
3 La Delta può indebolire l’efficacia dei vaccini?
In base ai dati inglesi, i vaccini in uso (Pfizer e AstraZeneca) sono ancora efficaci, soprattutto dopo due dosi, anche se in maniera minore. Esperti hanno calcolato un’efficacia dell’80% dopo una dose verso il rischio di ospedalizzazione e decesso, e maggiore del 95% dopo due dosi.
4 Quali sono le differenze tra chi ha ricevuto una dose sola e i completamente vaccinati?
La protezione data dai vaccini è più debole su persone che hanno ricevuto una dose: in una ricerca pubblicata su «The Lancet» effettuata su 250 persone vaccinate con Pfizer, si è visto in laboratorio che nel 79% dei casi il plasma di soggetti vaccinati con una dose ha registrato una risposta neutralizzante degli anticorpi contro il virus Delta ridotta fino al 32% (rispetto al ceppo originario). Un numero che nel mondo reale sembra alzarsi (come riportato prima, fino all’80%). Inoltre un recente studio su «Nature» conferma la migliore protezione dopo due dosi. La Delta ha però una capacità di «evasione» al vaccino paragonabile alla variante sudafricana, finora considerata la «peggiore» in questo senso.
5 La variante Delta provoca più ricoveri?
Nel Regno Unito è stato stimato che aumenti di 2 volte il rischio di ospedalizzazione, sulla popolazione in generale. Tra i casi inglesi contagiati finora con la Delta si è calcolato che il 3,7% è andato in pronto soccorso, i ricoverati sono stati l’1,2% e i morti lo 0,1%.
6 Una persona completamente vaccinata può aggravarsi o morire con la Delta?
Tra i vaccinati, i ricoveri di persone positive alla Delta sono stati l’11% e il 29% i decessi. Quello che possiamo dire è che tra i non vaccinati lo stesso gruppo di persone avrebbe rappresentato circa l’85% dei decessi e questo suggerisce che i vaccini stiano funzionando anche contro la variante. Nel Regno Unito, infatti, mentre il tasso di aumento dei casi cresce come lo scorso autunno, le «metriche» ospedaliere stanno salendo più lentamente. I ricoveri ci sono, ma stanno aumentando rapidamente in particolare tra i giovani adulti (età 25-44) e quasi per nulla tra i più anziani (che sono quasi tutti protetti). «Non conosciamo il profilo di questi soggetti — osserva Lorenzo Cosmi, immunologo, vicepresidente della Siaaic e professore associato di Medicina interna all’Università di Firenze —, bisognerebbe esaminare se fossero pazienti immunodepressi o che non abbiano sviluppato immunità dopo il vaccino. I dati italiani ci autorizzano a sostenere che la vaccinazione protegga dall’evoluzione verso forme gravi di malattia».
7 Una persona vaccinata può ancora trasmettere il virus Delta?
Un paziente immunizzato ha una risposta più efficace nei confronti dell’incontro con quel determinato virus — spiega Cosmi —: non significa che non possa riprenderlo e reinfettare. Si stima che la capacità di trasmissione della Delta sia maggiore del 64% rispetto alla variante Alfa (ex «inglese») che a sua volta era più contagiosa rispetto al ceppo Sars-CoV-2 originario.