Oggi Treviso. NORDEST – 3444 nuovi positivi domenica. Sabato ancora di più: 3607. La maglia nera dei contagi adesso la indossa il Veneto. Che pure è stato sempre in zona gialla. Al che, più di qualche dubbio e certamente nuove paure cominciano a farsi strada. Soprattutto a Treviso, dove il direttore dell’Asl Francesco Benazzi riconosce impensierito che forse un lockdown totale sarebbe stato necessario visto che la seconda ondata si sta rivelando ben più grande della prima.
Altro che cromatismo meno grave: in Veneto nonostante la narrazione diffusa di regione virtuosa, il Covid 19 non dà tregua. Una situazione – quella del contagio nel Veneto – descritta sulla base dei presunti (ma a quanto si dice inesistenti) 1000 posti-letto di terapia intensiva e che invece è decisamente diversa: 3444 nuovi positivi l’altro ieri, 6 dicembre, in Veneto; mille in più che in Lombardia. Altrettanto dicasi per l’Rt (1,14), anche se è il numero di morti (108 nella sola giornata di sabato) a rappresentare il dato più inquietante.
“Tutto ciò con buona pace dell’ossessione del presidente Zaia per la zona gialla, posizione difesa strenuamente nelle ultime settimane contro ogni evidenza epidemiologica o logica sanitaria” – dichiara il dottor Maurizio Manno, del comitato veneto per la difesa della sanità pubblica. La percentuale di positivi sul totale dei tamponi eseguiti rimane ancora molto elevata: 23.9%, la più alta registrata tra le regioni rispetto al 16% dell’Emilia Romagna, 13% del Piemonte, 9,2% della Lombardia e 11,5% come media nazionale (dati della Protezione Civile del 6 dicembre 2020). In pratica quasi un tampone su quattro in Veneto dà esito positivo. “Non è più il tempo di proclami o di primogeniture, servono interventi normativi concreti e coerenti e soprattutto una disponibilità immediata di fondi per potenziare sia l’assistenza sanitaria, territoriale e ospedaliera, che quella sociale”. Tradotto: si inseriscano nel bilancio di previsione regionale per il 2021 adeguate risorse per il reclutamento eccezionale di personale sanitario qualificato per contenere l’epidemia e per sostenere le persone a più elevato rischio socioeconomico.
Ma soprattutto il Covesap (che invierà al ministro della Salute Speranza le proprie osservazioni, condivise venerdì scorso con una settantina di amministratori locali) chiede urgentemente che “la Regione Veneto venga classificata in maniera coerente alla gravità dei suoi dati epidemiologici, per la tutela della salute dei cittadini ed evitare il collasso degli ospedali e di tutta la rete di assistenza”.