Sono stati picchiati più volte. Aggrediti e sequestrati. I dipendenti Equitalia sono gli ultimi della catena riscossoria e come tale i primi a prenderle dai contribuenti infuriati. È logico che si sentano tra l’incudine e il martello. Non hanno tutti i torti dal momento che le decisioni vengono prese più in alto. Da un lato dalla politica romana e dall’altro dai vertici della stessa Equitalia.
«Inoltre», commenta a Libero un dipendente che chiede di rimanere anonimo, «sembra che la nostra posizione faccia comodo alla politica. Quando si tratta di fare il capro espiatorio nessuno ci difende. E ci tocca pure sentire Grillo urlare contro di noi e contro le cartelle verdi che a suo dire (…) (…) sarebbero di Equitalia. Le nostre sono di altro colore, ma tanto meglio fare confusione». In effetti Equitalia per come è organizzata sembra proprio prestarsi a fare da parafulmine.
La società di riscossione ha chiuso il bilancio in passivo. Sono stati tagliati i costi del personale, ma la cifra di rosso ha superato gli 80 milioni per via dello stop della riscossione Ici. La perdita complessiva supera gli 800, se si considera i pregressi portati in dote dalle varie consorelle (Sud e Centro) dopo la fusione.
Eppure i bonus vengono assegnati in base agli importi riscossi dai cittadini. Cioè, al raggiungimento del budget fissato dai vertici a inizio anno. Fa male sapere che, nonostante la crisi, negli ultimi anni l’obiettivo da raggiungere è sempre stato alzato. Almeno un 5% in più ogni anno. Ovviamente non è detto che il budget venga raggiunto. Seneviene conseguito almeno l’80%, inizia a scattare il meccanismo incentivante. L’anno scorso si eradiscusso di ridurre gli incentivi alla produzione. I sindacati – tutte e tre le sigle – avevano dichiarato: «Gli importi verranno ulteriormente ridotti, è una vergogna».
Non è successo. I sindacati non hanno firmato ildocumento ma il prossimo giugno scatteranno ugualmente i pagamenti dei bonus sui risultati del 2013. Dal documento visionato da Libero si evince chiaramente che all’addetto che batte la strada vanno 500 euro lordi. Mentre al funzionarioresponsabile area oltre3mila.
Voci di corridoio interne raccontanodibonusperdirettori regionaliarrivati ai20mila euro. Ovviamentenel caso in cui ilbudget di area venga raggiunto al100% e il dipendente abbia ottenuto dai superiori ilmassimodella valutazione. Singolarmente non si tratta di cifre scandalose, ma se si considera che l’annoscorsoa busta paga c’erano circa 8mila persone, gli importi complessivi diventanomastodontici.
«Il paradosso», spiega un addetto alla riscossione, «è che chi staper strada e rischiapuò aspiraremassimoa 500 euro lordimentre i dirigenti hanno iper incentivi. Senza contare chealcunefigure sono state cooptate da altre aziende, più o meno pubbliche, senza alcuna conoscenza inmateria».
E questo forse spiega perché gli incentivi non vengano dati in base ai risultatidibilancio. Aiuterebbe a rimetterlo in sesto. L’ha detto pure la Corte dei Conti che chiede da tempo una riforma del sistema fiscale e un riequilibrio deibilanci di Equitalia. All’appellonelle cassemanca la stratosferica cifra di 545 miliardi di euro. Un quinto del debito pubblico. Somme che non torneranno mai. Altro che dare incentivi sul budget.
«Per chi come noi lavora dentro Equitalia», prosegue l’addetto, «ci sono domande che restano insolute. Perché il nuovo software è peggiore del precedente? Non abbiamo la possibilità di avere adisposizione l’intera situazione debitoria del contribuente. Senzacontare che spesso viaggiamo con la carta carbone. Perché renderci meno efficienti? A Chi fa comodo?».
Non è facile rispondere. Così come si resta stupiti quando si ascoltano alcune proposte degli addetti ai lavori. Mai realizzate.
«Per ridurre l’evasione e consentire a noi di recuperare prima emaggiormente gli importidovuti», conclude l’addetto, «basterebbe creare un software unico dove tutte le aziendeinseriscono le fatture emesse e ricevute. Dal data base innanzitutto si vedrebbe subito se qualcuno ha emesso una fattura falsa aunapartita iva fasulla. Purtroppo succede spesso. Ma ce ne accorgiamo noi e cinque anni dopo la contestazione. A quel punto, scopriamo che la società chiusa era domiciliata in uno stabile abbandonato e non c’è nulla da recuperare. Con il sistemaon line potremmo intervenire subitoenonconsentire nemmeno abusi sull’Iva».
Perché non si fa? Forse perché i contribuentionesticiguadagnerebbero. Lo Stato vedrebbe subito quali fatture sono insolute e non dovrebbe chiedere in anticipo il pagamento dell’Iva né tanto meno chiedere tasse su importo che sonounaperditaenon reddito. «E anche noi», conclude, «saremmo più contenti di non trovarci di fronte a imprenditori che non sono statipagatida un cliente e si sono trovatiadover scegliere tra gli stipendi e gli F24».
Libero quotidiano – 12 maggio 2014