La Germania fa fuoco e fiamme quando si tratta di mettere mano al portafoglio per la Grecia E così il Fondo monetario internazionale.
Eppure il secondo pacchetto di aiuti ad Atene, che dovrebbe avere un importo di almeno 130 miliardi con una quota europea attorno ai 90-100 miliardi a carico del fondo di stabilità Efsf, vede nel ruolo del soccorritore-garante, al fianco degli Stati “core” con rating AAA, anche l’Italia con il suo debito al 120% del PiL II salvataggio della Grecia, in assenza del fondo permanente European stability mechanism, si ripercuoterà sui conti pubblici degli Stati garanti dell’Efsf, con i rispettivi debiti pubblici aumentati contabilmente da Eurostat pro quota (in base alla percentuale di partecipazione al capitale Bce). All’Italia andrà i119% circa delle erogazioni Efsf per la Grecia, come è già avvenuto per Irlanda e Portogallo.
È anche per questo motivo che, in vista dei maxi-esborsi previsti per Atene, si rende necessario avviare l’Esm in tempi rapidissimi, senza i ritardi e le lungaggini burocratico-legislative tipiche delle ratifiche dei trattati. Per l’Esm occorrerà la ratifica dei Paesi rappresentanti almeno il 9o% dei versamenti del capitale (8o miliardi). L’iter in Italia è obbligato: trattandosi di un trattato internazionale, la ratifica dovrà essere autorizzata dalle Camere con legge ordinaria. Una volta approvata la legge che autorizza la ratifica, questa avverrà con firma del presidente della Repubblica, ai sensi dell’articolo 87 della Costituzione.
Qualche buona notizia per l’Italia, che attutisce l’impatto greco, è emersa ieri ai margini dei lavori dell’Eurogruppo. Si è appreso che l’avvio del secondo programma di aiuti alla Grecia chiuderà contestualmente il primo pacchetto, che si trova a circa metà del percorso. Questo in soldoni significa che i primi no miliardi non si sommeranno ai 130-150 del secondo pacchetto. L’Italia ha già erogato alla Grecia, tramite prestiti bilaterali intergovernativi, 10 miliardi: 6 nel 2010, 4 nel aon. Circa la metà dell’impegno italiano pari al 20% circa della quota europea da 8o miliardi. Gli aiuti complessivi alla Grecia saranno dati dalla somma del secondo pacchetto e dei 55 miliardi circa sborsati fmora. Un’altra conferma positiva arrivata ieri, per i conti pubblici italiani, è l’assenza di perdite pubbliche: nei piani Eurozona-Fmi, non sono previste perdite per i creditori “ufficiali” cioè gli Stati. L’haircut è circoscritto ai creditori privati. Se i termini dello swap con perdita del5o% del valore nominale, che sarà proposto ai privati (banche e investitori), fossero estesi anche ai Paesi creditori, l’Italia perderebbe 5 miliardi sui io concessi già ad Atene. Questa eventualità è esclusa. Una soluzione che indirettamente mette sullo stesso piano i prestiti bilaterali degli Stati creditori e i finanziamenti dell’Fmi, che è un creditore privilegiato. Persino l’Efsf è subordinato al Fondo. Nel caso di default dello Stato assistito, l’Efsf recupera il credito solo dopo il rimborso integrale dell’Fmi.
Qualsiasi prestito erogato dall’Efsf alla Grecia tuttavia non necessita in Italia un intervento parlamentare, come accade invece in Germania. La norma italiana relativa all’Efsf è il decreto legge 78/2olo che auto- rizza il ministro dell’Economia a concedere le garanzie dello Stato all’Efsf secondo le decisioni assunte all’unanimità dagli Stati membri dell’area dell’euro in conformità con l’accordo quadro che regola il fondo. Quindi, non ci saranno nuovi passaggi parlamentari. Un’altra nota positiva, per i conti pubblici italiani esposti al crack della Grecia, è giunta ieri da Francoforte. Il presidente Mario Draghi ha chiarito che la Bce non venderà in perdita i titoli di Stato greci acquistati con il Securities markets programme (attivato per ripristinare le cinghie di trasmissione della politica monetaria): questo tipo di perdita, per l’Eurosistema, trasformerebbe l’acquisto dei titoli greci sul secondario (si stima 4o miliardi con valore facciale di 55) in un sostegno diretto ai conti pubblici greci. Una perdita sul bilancio della Bce sarebbe stata coperta dagli Stati azionisti della Banca, Italia compresa. Se invece la Bce dovesse incassare un profitto, vendendo i titoli greci a un prezzo più elevato rispetto all’acquisto o mantenendoli fino a scadenza con rimborso alla pari, la plusvalenza andrebbe ripartita tra gli azionisti. Italia compresa.
Il Sole 24 Ore – 10 febbraio 2012