da REPUBBLICA. In piena crisi politica e col Paese bloccato in attesa dell’esito delle consultazioni, sulla scrivania del presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte è finito un dossier dell’intelligence che ridisegna drammaticamente al rialzo l’andamento pandemico degli ultimi due mesi. E che preoccupa i collaboratori più stretti del premier. I nuovi positivi giornalieri in Italia sarebbero in realtà il 40-50 per cento in più di quelli rilevati ufficialmente. «Il totale dei contagiati è sottostimato a causa del calo del numero dei tamponi avvenuto a metà novembre 2020», scrivono gli analisti. Che lanciano due allarmi: la curva epidemiologica non sta piegando verso il basso tanto quanto attestano i bollettini diramati dal ministero della Salute; i dati al momento sono inattendibili e quindi difficili da analizzare e da usare per prendere misure adeguate di contenimento del virus.
Il dossier degli 007
Il Covid-19, col suo violento impatto sanitario e sociale, è diventato fin da subito materia di sicurezza nazionale, prioritaria per le nostre agenzie di intelligence. Con l’aiuto di statistici e matematici, di recente hanno elaborato un modello predittivo che, alla prova dei fatti, è risultato essere efficace. Il 25 dicembre scorso, infatti, stimava in 86.500 il numero dei decessi totali che l’Italia avrebbe raggiunto nei successivi trenta giorni: il 26 gennaio la conta delle vittime del Covid ha toccato quota 86.422, con un errore, rispetto alla previsione, dello 0,09 per cento. Irrisorio. Il modello matematico da loro adottato sembra funzionare. Come arrivano però a sostenere che il sistema italiano di sorveglianza, composto da ministero della Salute, Protezione civile e Regioni, sta sottostimando i contagi? Con un calcolo che si basa sulla proporzione matematica tra nuovi ingressi nelle terapie intesive («fotografano la situazione delle due settimane precedenti, indipendemente dai tamponi») e la quota giornaliera di positivi aggiornata dal bollettino.
L’ondata fantasma
«Osservando le terapie intensive nella parte finale dell’anno, si può dedurre che vi è stata una fase di ripresa dell’epidemia verso la metà dicembre. Una ripresa che non è stata rilevata né tracciata dai numeri nazionali a causa dei pochi test effettuati in quel periodo », si legge nel dossier. Secondo l’intelligence, quindi, poco prima di Natale la curva è tornata a salire e la riprova sta nel fatto che i pazienti a rischio vita negli ospedali non sono diminuiti come ci si aspettava: la cifra è rimasta stabile, oscillando intorno alle 2.580 unità. Non ci siamo accorti del rialzo della curva perché nei bollettini ministeriali veniva detto il contrario, e cioè che dal picco del 13 novembre (+ 40.902 contagiati) in avanti la conta delle nuove positività è andata progressivamente calando, salvo un breve sussulto intorno al 25 dicembre. Dov’è l’errore? Perché la sottostima?
I tamponi bugiardi
Il pasticcio statistico ruota attorno ai tamponi. Nella settimana tra l’11 e il 17 novembre ne sono stati processati un milione e mezzo, il numero più elevato registrato fino ad allora. Da quel momento, però, i test hanno preso a diminuire arrivando agli 868 mila della settimana tra il 23 e il 29 dicembre, salvo poi schizzare a 1,4 milioni dal 13 gennaio in poi per effetto dell’inclusione, nel conteggio, dei tamponi antigenici rapidi. Prima ai fini del computo valevano solo quelli molecolari, poi il ministero della Salute ha ammesso anche gli altri. Ma è questo il passaggio che, secondo il dossier dell’intelligence, ha complicato il quadro, generando il caos. «L’introduzione dei test rapidi ha reso impossibile un confronto con le serie storiche passate. Alcune Regioni, inoltre, non fanno distinzione tra il molecolare e il rapido, è ciò ha evidenti ripercussioni sul calcolo di tutti i valori, tra cui il rapporto positivi/tamponi».
Il rapporto, sostengono, va rivisto, scorporando i rapidi e, soprattutto, togliendo quelli fatti per confermare l’avvenuta guarigione. «Sono solo i tamponi di prima diagnosi a fotografare la reale situazione epidemiologica, e a partire da metà novembre abbiamo visto un brusco calo di questa tipologia ». Ad oggi i test di conferma sarebbero il 65 per cento del totale: troppi per non alterare sensibilmente la rappresentazione della curva del contagio.
Rischio ripresa incontrollata
Repubblica, sul punto, ha chiesto un parere al professor Pierluigi Lopalco, epidemiologo di fama internazionale e assessore regionale in Puglia. «È vero che le positività sono sottostimate, anche più di quanto rileva il dossier. Ed è vero che in questo momento il trend non è valutabile. I dati che abbiamo da analizzare derivano dai sistemi di sorveglianza, che per loro natura sottostimano i fenomeni. Sono utili per valutare l’andamento, ma nel momento in cui interviene una modifica, come nel caso dell’inclusione nella statistica dei tamponi rapidi, bisogna aspettare un po’ prima che torni attendibile».
Tradotto: in questo momento è impossibile fare un’analisi realistica e attendibile sulla base dei dati pubblicati. È quello che segnala anche la nostra intelligence, invitando il governo alla massima prudenza sulle riaperture. Sostengono infatti che abbassare la guardia in questi giorni, «in cui stanno terminando gli effetti benefici delle misure “rosse” imposte sotto Natale», e soprattutto ha preso a circolare in maniera importante la variante inglese e brasiliana del Covid-19, «potrebbe portare a una nuova ripresa incontrollata dell’epidemia, difficilmente sostenibile dal sistema ospedaliero, vicino alla soglia di saturazione».