Il prosciutto Veneto Berico Euganeo, in un anno difficile per l´alimentare come è stato il 2011, è riuscito a conservare i livelli raggiunti nel 2010, quando aveva visto il numero dei «sigilli» del Consorzio salire del 35% rispetto al 2009 e attestarsi così poco sopra gli 85.000 prosciutti crudi certificati venduti.
Esprime così piena soddisfazione il presidente del consorzio, il veronese Gian Antonio Visentin non solo perché un prodotto di nicchia come il Veneto ha difeso i propri numeri, ma anche per il costante miglioramento della qualità che contraddistingue il lavoro delle undici aziende (padovane in prevalenza, con fulcro a Montagnana – ma pure vicentine e veronesi) consorziate, ma anche per la conferma del mercato, esclusivamente indirizzato verso la ristorazione e la gastronomia specializzata.
Le regioni dove arriva questo prosciutto, che spunta prezzi superiori anche a quelli del San Daniele e del Parma, sono prevalentemente quelle del Nord Italia, con presenze anche in alcune località del Lazio, Puglia, Sardegna, Svizzera, Francia e Germania.
«La qualità», ricorda ancora Visentin, «è fondamentale e parte dall´inizio della filiera, quindi da cosce di suini italiani di latteria, dalla lavorazione e dai 18 mesi minimi di stagionatura».
Una situazione positiva che fa ben sperare anche per le prospettive di ulteriore crescita? «Purtroppo non è più così», risponde il presidente del Consorzio, «perché c´è un aumento del prezzo delle cosce che non possiamo riversare sul prezzo al consumo, come pure ci sono le difficoltà che il sistema del credito offre per il finanziamento durante la stagionatura, per questo ci attende un anno per nulla facile e anche noi stiamo soffrendo, a questo si aggiunge inoltre il preoccupante rallentamento dei consumi nella ristorazione».