I salvadanai delle famiglie e delle imprese sono minacciati dal fuoco incrociato di tassi in rialzo e di prezzi alle stelle. E’ quanto afferma Fabi, Federazione autonoma bancari italiani, in un ampia analisi diffusa oggi. Gli effetti già sono visibili: i soldi parcheggiati sui conti correnti che in pochi mesi sono bruscamente calati. Il trend potrebbe accelerare ed erodere in poco tempo il tesoretto messo da parte a fatica negli anni dagli italiani. A beneficiare del quadro sono le banche con utili cresciuti a doppia cifra nel 2022 sull’onda di rate più alte per le famiglie (e interessi pagati sui conti rimasti fermi pressoché a zero).
In pratica dice Fabi «il rialzo del costo del denaro della Banca centrale ha cambiato le carte in tavola per famiglie e imprese e con un mix imperfetto di tassi e inflazione, la ricchezza accumulata nel corso di anni, corre il rischio di andare in fumo in tempi brevi». «Sfrenata corsa dei prezzi, prestiti più onerosi e perdita di potere di acquisto sono solo alcune delle maggiori conseguenze di un meccanismo economico perverso che mina il tesoretto degli italiani e continua a metterne a dura prova la capacità di risparmio».
I dati sono allarmanti: tra dicembre 2021 e marzo 2023, il saldo totale dei conti correnti di famiglie e imprese è calato di oltre 61 miliardi di euro, da 2.076 miliardi a 2.015 miliardi; in soli tre mesi, da dicembre 2022 a marzo 2023, la variazione negativa è stata pari a oltre 50 miliardi.
«Intanto, si allarga sempre di più la forbice tra l’andamento dei tassi di interesse applicati ai prestiti e ai mutui e quelli su depositi e conti – dice Fabi -. Se i primi sono, infatti, aumentati ampiamente nel corso degli anni, permettendo alle banche di moltiplicare i propri ricavi e raggiungere l’unico obiettivo di accrescere gli utili favorendo così gli azionisti con dividendi sempre maggiori, gli altri sono rimasti pressoché invariati, dimostrando come agli istituti di credito interessi poco premiare chi deposita la propria liquidità in banca. Una realtà che trova conferma negli utili al 31 dicembre 2022 dei maggiori istituti di credito italiani, pari a 12,8 miliardi di euro, in aumento del 66% sul 2021, segno di ricavi in aumento, minore costo del credito e spese operative invariate». «Va segnalato che le banche hanno cominciato ad aumentare i tassi su alcune forme di raccolta, come i depositi con durata prestabilita o vincolati e sui pronti contro termine, mentre tendono a mantenere remunerazioni particolarmente contenute sui conti correnti, ormai ritenuti sempre più un servizio e non una forma di risparmio».
A rischio anche le riserve
«Quanto alle “riserve”, dall’analisi di tutti i numeri dei conti correnti e depositi degli ultimi due anni, emerge con chiarezza un segnale di sofferenza generale perché l’erosione delle disponibilità liquide nel portafoglio delle famiglie e imprese non lascia dubbi sul sostegno che i “salvadanai” degli italiani hanno garantito all’economia del Paese, ma anche sulle difficoltà che gli stessi continuano a sperimentare nel preservare la propria liquidità accumulata con sacrificio e senso di protezione per un futuro ancora incerto – rileva Fabi -. Già dai primi mesi del 2022, il carovita e l’inflazione non solo hanno invertito la tendenza al risparmio delle famiglie, pressoché prossima allo zero nei primi cinque mesi (in media pari allo 0,2% da gennaio a maggio) e con tassi di decrescita crescenti nel restante semestre, ma hanno dunque cominciato a erodere le riserve accumulate dal sistema produttivo italiano (per una percentuale pari all’1,4% ovvero 4,4 miliardi di euro), privo ormai di risorse finanziarie da devolvere agli investimenti».
Le famiglie italiane vantavano depositi sui conti bancari per circa 1.163 miliardi di euro alla fine dell’anno 2021 e 1.174 miliardi di euro a dicembre 2022 mentre la liquidità in conto posseduta dalle imprese si attestava a pressoché 428 miliardi di euro a fine anno 2022 e a 423 miliardi di euro lo scorso dicembre. Le due componenti, complessivamente, superavano i 1.500 miliardi a fine 2022 che, insieme alle disponibilità liquide di onlus, enti previdenziali ed assicurazioni, sfioravano il tetto dei 2.015 miliardi alla stessa data, contro i 2.076 miliardi di euro a fine 2021. Il decremento complessivo delle risorse depositate è stato pari, in soli tre mesi, a ben 50 miliardi di euro spesi per coprire consumi e investimenti. Se si analizzano tutte le forme di giacenza sui conti bancari, sono oltre 61 miliardi di euro i depositi totali “saccheggiati” dagli italiani a partire da dicembre 2021 fino ad arrivare a marzo 2023, utili per fronteggiare i danni economici subiti da inflazione e il ridotto potere di acquisto.
I risparmi
«Davanti a un periodo di stretta creditizia, anche per l’effetto indotto dall’impennata dei tassi variabili, attingere ai propri conti liquidi sacrificando il risparmio, seppur poco fruttuoso ma ancora consistente, resta l’unica ancora di salvezza – dice Fabi -. È così che il saldo complessivo di depositi e conti correnti a dicembre 2021 era di 2.076,8 miliardi di euro, contratto a 2.065,5 miliardi già a dicembre del 2022, per poi diminuire ulteriormente a scarsi 2.000 miliardi alla fine del primo trimestre del 2023. Alla stessa data di fine 2022, sui depositi vincolati a medio-lungo termine del popolo dei risparmiatori giacciono 153 miliardi di euro, in discesa di 2,4 miliardi (-1,6%) su base annua e in calo raddoppiato a 4,1 miliardi (-2,6%) tra dicembre 2022 e marzo scorso. L’allarme rosso sui risparmi degli italiani si affaccia, infatti, con maggiore vigore, alla fine del primo trimestre del 2023 quando risulta evidente che la difficoltà economica a rincorrere la sfrenata risalita dei prezzi con la propria capacità reddituale continua, infatti, ad erodere pesantemente la liquidità del sistema. A fine marzo dell’anno in corso, i depositi delle famiglie si contraggono del 2,14% – raggiungendo il valore di 1.149 miliardi di euro – e quello delle imprese di un 7,56%, attestandosi a scarsi 390 miliardi. La variazione media è del 5% e, in termini monetari, di circa 25 miliardi di euro per le famiglie e di ben 32 miliardi per il sistema imprese».
Numeri di allarme
«Complessivamente, per tutto il sistema di risparmiatori in soli tre mesi sono stati bruciati ben 89,5 miliardi di euro sui soli conti correnti, quasi 5 volte quanto attinto dalle riserve degli italiani nei dodici mesi precedenti (ovvero 21,9 miliardi di euro). A marzo 2023, il saldo della liquidità corrente ammonta a 1.368 miliardi di euro, contro i 1.458 miliardi di euro a fine 2022, con una discesa del 6,1% di valore. La contrazione, già avviata tra il 2021 e il 2022, si è confermata nei primi mesi del 2023, quale segnale sempre più evidente di un clima di tensione per famiglie e imprese. A partire dal 2021, a nulla è servito lo spostamento di una parte della ricchezza liquida su pronti contro termine e depositi vincolati, perché il calo delle riserve complessive parcheggiate sui conti nelle banche italiane è stato del 3%».
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