L’eccesso di austerity e rigore nella finanza pubblica, accompagnato da un aumento delle tasse, è una «terapia molto costosa e in parte inefficace». È quanto ha affermato il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, in un’audizione sul Documento di economia e finanza alla Camera dei deputati. «La somministrazione – ha detto Giampaolino – di dosi crescenti di austerità e rigore al singolo paese, in assenza di una rete protettiva di coordinamento e solidarietà, e soprattutto se incentrata sull’aumento del prelievo fiscale, si rivela alla prova dei fatti una terapia molto costosa e in parte inefficace. E che neppure – ha aggiunto – offre certezze circa il definitivo allentamento delle tensioni finanziarie».
ALLARME – Non solo. Secondo il presidente della Corte dei Conti, è proprio l’economia reale a non riuscire più a sostenere il peso delle manovre correttive approvate per risanare i conti pubblici. «Si è di fronte – ha sottolineato – a evoluzioni contraddittorie: si realizzano risultati importanti nel controllo della finanza pubblica, ma i mercati li riconoscono solo in parte; si continuano a inasprire le manovre correttive, ma l’economia reale non riesce più a sopportarne il peso». A stretto giro gli ha risposto il ministro dell’Economia Vittorio Grilli: «Più che un corto circuito – ha detto – c’è una compatibilità tra rigore e crescita». A margine del Forum della cooperazione Grilli ha spiegato che «la crescita senza rigore è come costruire una casa sulla sabbia».
Corto circuito fra crescita e tasse
L’urgenza delle misure di correzione dei conti pubblici ha portato a degli «effetti perversi di un corto circuito tra inasprimenti fiscali e crescita economica», ha detto il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, L’approfondimento della recessione, secondo la Corte dei conti, «ha impedito di conseguire gli obiettivi di entrata, nonostante gli aumenti discrezionali di imposte con cui il governo ha cercato di compensare la ciclicità del gettito fiscale».
L’economia potrebbe difficilmente sostenere un’altra manovra
L’economia potrebbe «difficilmente» sostenere una nuova manovra di correzione dei conti pubblici che, comunque, «non dovrebbe rivelarsi necessaria», ha detto Luigi Giampaolino. Secondo la magistratura contabile dal lato della spesa «si rilevano maggiori uscite al netto degli interessi per oltre 2 miliardi». In linea con le metodologie adottate in sede europea, osserva la Corte dei conti, la nota di aggiornamento «provvede a depurare le grandezze di finanza pubblica dagli effetti del ciclo economico, attraverso il calcolo dell’indebitamento strutturale. «Ciò permette al governo di dichiarare il rispetto degli obiettivi programmatici».
Tuttavia, osserva Giampaolino, «la flessione dei livelli di attività, quando indotta da misure di politica economici, assume natura discrezionale, laddove la depurazione dagli effetti ciclici dovrebbe, a rigore, applicarsi solo in presenza di perturbazioni aventi natura esogena e casuale».
Evitare di svendere il patrimonio pubblico
«Particolare attenzione dovrà essere posta alla previsione di meccanismi incentivanti e sanzionatori per la gestione delle partecipazioni azionarie in società degli enti locali in crisi», ha detto il presidente della Corte dei Conti. E questo «per facilitare da un lato la gestione di eventuali esuberi occupazionali e dall’altro i processi di dismissione evitando che questi si traducano in svendite del patrimonio pubblico».
Risultato eccezionalmente negativo del Pil
Il calo del Pil indicato nella nota di aggiornamento al Def «è stimato al 2,4% (contro il -1,2% del Def di aprile), ma sorprende soprattutto la diminuzione dell’1% del prodotto anche in termini nominali: un risultato eccezionalmente negativo che, storicamente, si era verificato solo nel 2009, l’anno centrale della grande recessione», ha detto Giampaolino. Per compensare il forte calo della domanda aggregata che trascina in basso il Pil «è necessario rafforzare la strategia per la crescita, affidando ad essa obiettivi più ambiziosi di quelli finora adottati».
Minori entrate per oltre 21 miliardi
«Nel 2013 si registrano minori entrate complessive – ha detto Giampaolino – per oltre 21 miliardi rispetto a quelle previste. Di questi poco più di 6,5 miliardi sono riconducibili al superamento dei previsti incrementi dell’Iva (almeno fino al giugno 2013), ma la flessione delle imposte dirette (-7,4 miliardi) e dei contributi sociali (-2,3) è da imputare a una caduta del Pil molto superiore al previsto».
Peggiorata la spesa delle famiglie, -4%
La spesa delle famiglie si è contratta a metà del 2012 del 4%. Un dato che – secondo il presidente della Corte dei Conti – è «presumibilmente destinata a peggiorare nella seconda parte dell’anno e nei primi mesi del 2013».
3 ottobre 2012