La prima notizia, se si vuole, è una non-notizia: non saranno infatti tagliati gli ospedali (oggi sono 68: 42 pubblici e 26 accreditati), non saranno ridotti i posti letto (in totale sono 16.500, 3 ogni mille residenti), non saranno diminuiti i primariati e non saranno chiusi altri punti nascita (gli ultimi sono stati Piove di Sacco, Adria, Trecenta e Valdagno, mentre Pieve di Soligo, Asiago e Portogruaro, come si sa, hanno ottenuto la deroga dal ministero). In questo senso, la razionalizzazione compiuta con il vecchio Piano sociosanitario e con la legge 19 sulla riduzione delle Usl può dirsi completata.
Le principali novità contenute nel nuovo Piano riguardano dunque i medici di medicina generale (i medici di base) e i pediatri di libera scelta. La Regione vorrebbe infatti assumere questi ultimi come dipendenti e pagare i primi con una formula mista, composta da una parte fissa, uno stipendio base, ed una parte variabile, legata al numero delle prestazioni erogate ai pazienti cronici, secondo il principio dell’accreditamento. L’obiettivo dichiarato da Palazzo Balbi è quello di «migliorare la presa in carico del paziente», superando in via definitiva l’esperimento – fallito – delle medicine di gruppo integrate (note anche come «ambulatori h24»). L’altra novità riguarda il censimento della popolazione in sei fasce, dai sani ai terminali, realizzato grazie al sistema ACG ideato dall’Università Johns Hopkins di Baltimora (Usa). Si tratta di un sistema di mappatura del territorio che riconosce la maggiore o minore concentrazione di malattie nei diversi luoghi geografici. I risultati serviranno a calibrare l’offerta sanitaria ma anche i finanziamenti alle Usl, oggi erogati sulla base di un budget pro capite. A titolo di esempio: domani una Usl che ha una popolazione sana potrebbe ricevere meno fondi di una Usl che ha invece una popolazione malata.
Ci sono poi altri aspetti, dai team multidisciplinari per i pazienti cronici alle strutture intermedie (hospice e ospedali di comunità), passando per la riforma delle Ipab, attesa da 18 anni (anche ieri i dipendenti hanno protestato a Venezia) ma il testo definitivo lo si conoscerà solo al termine della sessione in consiglio regionale, che oggi proseguirà con la discussione degli emendamenti. Ieri, durante il dibattito generale, non è mancata la polemica, anche per via dell’assenza dell’assessore di reparto, dopo le dimissioni date dal neo sottosegretario Luca Coletto (il governatore Luca Zaia ha individuato il successore nell’assessore al Sociale Manuela Lanzarin, ieri regolarmente al suo posto, ma ancora non ha proceduto con la nomina). «Uno degli atti di programmazione più importanti della legislatura da discutere e approvare senza la presenza dell’assessore alla Sanità, è incredibile. Penso non sia mai successo in tutta Italia – attacca il relatore di minoranza, Claudio Sinigaglia del Pd -. Manca una vera direzione politica della programmazione e manca, innanzitutto, la valutazione di cosa è cambiato dopo la creazione dell’Azienda Zero e la riduzione delle Usl». Per Sinigaglia un’altra criticità riguarda «l’accentramento negli hub a danno degli ospedali spoke sparsi sul territorio, da dove i medici sono in fuga. Perché? È un Piano in netta discontinuità con il precedente – conclude – Non ci sono più le medicine di gruppo integrate, smantellate dopo una sperimentazione decennale, né il medico di medicina generale a fare da punto di riferimento nel territorio, il nuovo vertice organizzativo è il direttore del distretto, che in termini di funzioni da svolgere conta più del direttore generale. Avremo quasi 50 milioni di risparmi, ma dal territorio si stano levando grida di sofferenza che non sono ascoltate. Con quali risorse facciamo il nuovo piano per la tutela dei minori? Perché abbiamo la spesa più bassa in Italia per la salute mentale, avendo a carico 70.000 persone adulte e 20.000 minori?».
Ha replicato Lanzarin: «Il Piano è in assoluta continuità con quello precedente, che si era concentrato sulla rete ospedaliera e la distinzione tra ospedali Hub e Spoke. Con questo Piano confermiamo assolutamente quella rete ma cerchiamo anche di dare risposte ai rinnovati bisogni assistenziali della popolazione, alla luce della legge 19. Altre Regioni ci hanno copiato e vuol dire che il Veneto ha fatto da apri pista. Le aziende sanitarie sono state liberate da incombenze amministrative e burocratiche per concentrarsi sulla salute e il benessere della popolazione. I 26 distretti diventano il fulcro del territorio, un territorio che diventa quindi protagonista del Piano».
Corveneto