Il Fatto quotidiano. Lo aveva promesso due mesi fa e ora il documento è pronto per l’approvazione, già lunedì, in Consiglio dei ministri. Il decreto-legge voluto da Francesco Lollobrigida – le cui bozze sono state visionate da ilFattoQuotidiano.it – ricalca la linea adottata dal governo Meloni, in relazione alla gestione dell’ambiente, già con la prima manovra di Bilancio del 2022: dalla tutela (sancita nell’articolo 9 della Costituzione) si passa allo sfruttamento. E allora ecco che nei 12 articoli di cui è composto il provvedimento c’è l’accoglimento di una delle principali richieste del mondo venatorio: limitare l’attività dei carabinieri forestali. Come? Facendoli passare sotto il controllo del ministero dell’Agricoltura, di cui Lollobrigida è a capo. Non solo: nero su bianco si inserisce una norma ad hoc per colpire gli animalisti. E per contrastare la diffusione della peste suina africana si continua con la strategia fallimentare degli abbattimenti indiscriminati da parte di chicchessia (cacciatori e agricoltori in primis) a cui si aggiunge, grazie al decreto-legge, l’esercito.
SOLDI A PIOGGIA ED ESERCITO – L’articolo 7 del decreto si occupa della peste suina africana. Per l’anno in corso sono previsti cinque milioni di euro e 15 milioni di euro per il 2025. E se all’inizio dell’epidemia (2022) i finanziamenti venivano dati principalmente per la costruzione di barriere fisiche, per proteggere gli allevamenti di maiali e sotto forma di indennizzi per gli operatori della filiera, ora la destinazione non è chiara. Anche perché nel frattempo, con la modifica dell’articolo 19 della legge sulla caccia (157/92), quella che dovrebbe essere un’attività di controllo faunistico – che prevede studi e competenze – è stata aperta a tutti i cacciatori, le cui associazioni venatorie beneficiano già, a partire dall’anno scorso – e sempre grazie al governo Meloni – di 500mila euro di soldi pubblici.
Ma l’articolo 7 sancisce anche l’ingresso dell’esercito nel piano di abbattimento dei suini. In particolare Lollobrigida ha previsto l’impiego di “177 unità del personale delle Forze armate” che sono “autorizzate a svolgere il servizio di cui al comma 1 per un periodo non superiore a dodici mesi, rinnovabile per una sola volta”. Insomma, si ricorre ai militari nonostante i dati di Ispra indichino che la popolazione dei cinghiali, a fronte di circa 300mila uccisioni all’anno, non sia in calo; e nonostante etologi, naturalisti e zoologi dimostrino che la braccata (la tecnica di caccia al cinghiale più utilizzata) abbia effetti contrari rispetto a quelli attesi. In sintesi: più se ne abbattono in maniera indiscriminata e più la popolazione cresce. “C’è bisogno di più scienza, non di fucili – commenta Domenico Aiello, avvocato e responsabile tutela giuridica della natura per il Wwf – questo è un approccio totalmente sbagliato a partire dalle sue basi. Per di più, l’esercito non saprebbe da dove cominciare, serve un approccio scientifico”.
GUERRA AGLI ANIMALISTI – All’esercito sono attribuite anche funzioni di pubblica sicurezza. Su questo punto Lollobrigida ha voluto specificare che si può ricorrere all’identificazione di quanti “possano mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi in cui si svolge l’attività” di prelievo. Così “il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell’Arma dei carabinieri” e “nei confronti delle persone accompagnate si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto-legge 21 marzo 1978”. Tradotto: se un animalista intralcia l’attività di abbattimento dei cinghiali (recentemente è stata la vicenda del rifugio Cuori liberi di Pavia a provocare polemiche) può essere portato in caserma o al comando di polizia per l’identificazione e trattenuto al massimo per 24 ore. “Questo decreto-legge è un’arma di distrazione di massa – continua Aiello – l’intento è quello di annullare la tutela dell’ambiente. Ora il governo, come già fatto col decreto sui Rave party e con la guerra agli attivisti per il clima, vuole colpire gli animalisti. Come se fossero loro la causa del problema”.
LOLLOBRIGIDA VUOLE I FORESTALI – Ma a coronare il sogno dei cacciatori – e dei bracconieri – è l’articolo 10 del decreto. Mentre in commissione Agricoltura alla Camera è in discussione la proposta di legge della Lega – e sostenuta dal centrodestra – per liberalizzare il più possibile la caccia, col provvedimento che approderà lunedì in Consiglio dei ministri Lollobrigida intende finalmente prendere il controllo di chi – insieme alle associazioni ambientaliste e animaliste – semplicemente occupandosi di tutela della fauna selvatica ha messo fino a ieri i bastoni tra le ruote dei cacciatori: i carabinieri forestali. Il reparto Soarda, che si occupa proprio di antibracconaggio, è stato più volte bersaglio della politica, con numerose interrogazioni da parte di parlamentari volte a delegittimarne credibilità e professionalità. Ora, col decreto-legge, il “Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dipende funzionalmente dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste”.
Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it
Ma l’articolo 7 sancisce anche l’ingresso dell’esercito nel piano di abbattimento dei suini. In particolare Lollobrigida ha previsto l’impiego di “177 unità del personale delle Forze armate” che sono “autorizzate a svolgere il servizio di cui al comma 1 per un periodo non superiore a dodici mesi, rinnovabile per una sola volta”. Insomma, si ricorre ai militari nonostante i dati di Ispra indichino che la popolazione dei cinghiali, a fronte di circa 300mila uccisioni all’anno, non sia in calo; e nonostante etologi, naturalisti e zoologi dimostrino che la braccata (la tecnica di caccia al cinghiale più utilizzata) abbia effetti contrari rispetto a quelli attesi. In sintesi: più se ne abbattono in maniera indiscriminata e più la popolazione cresce. “C’è bisogno di più scienza, non di fucili – commenta Domenico Aiello, avvocato e responsabile tutela giuridica della natura per il Wwf – questo è un approccio totalmente sbagliato a partire dalle sue basi. Per di più, l’esercito non saprebbe da dove cominciare, serve un approccio scientifico”.
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