Alzare subito da 16,8 ad almeno 30 miliardi l’asticella della spesa sanitaria da “aggredire” col metodo Consip. Introdurre criteri omogenei e possibilmente “centralizzati” soprattutto per gli acquisti di macchinari e attrezzature legate alla logistica da parte di asl e ospedali. Ma anche ritarare la presenza del personale sul territorio in base alle reali esigenze e agli esuberi effettivi. Il piano del super-commissario Enrico Bondi per “potare” il pianeta delle forniture dell’intera pubblica amministrazione non è ancora nero su bianco, ma ha già un punto fermo: ottenere dalla sanità più della metà dei 2,1 miliardi di risparmi da incassare sulle forniture pubbliche per il 2012. In altre parole, dalla minore spesa per beni e servizi degli enti sanitari potrebbero arrivare immediatamente 1,5 miliardi.
Che è circa un terzo della dote (4,2 miliardi) con cui il Governo conta di rinviare il previsto aumento autunnale dell’Iva.
Il Governo alza il tiro per frenare la spesa sanitaria. Ma con non pochi problemi da affrontare. Resta da individuare il meccanismo per rendere subito operativa la spending review sulle forniture dell’intero pianeta della Pa. Due, al momento, le opzioni su cui Bondi sta concentrando l’attenzione: un meccanismo preventivo di controlli per far scattare automaticamente il metodo Consip (gare, aste, mercato elettronico) in caso di mancato rispetto dei target prefissati; altrimenti, il ricorso al già più volte ventilato dispositivo dei costi standard.
La scelta sarà messa a punto la prossima settimana, prima del Consiglio dei ministri nel corso del quale il super-commissario dovrebbe illustrare una prima relazione al Governo. Bondi comunque non si sbilancia e prosegue il suo lavoro di analisi, a cominciare dal dossier Consip, con l’obiettivo di presentare al Governo il suo pacchetto entro il 22-24 maggio (15 giorni dopo l’entrata in vigore del decreto sulla spending review).
Tra lunedì e mercoledì il piano dovrebbe essere al centro del nuovo tour di incontri con i ministri interessati, tra cui quello già in agenda di Bondi col ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, chiamato a supervisionare il processo di spending review. Sulla sanità, nello specifico, già giovedì scorso, a margine del Consiglio dei ministri, Giarda e Balduzzi hanno avuto un primo scambio di vedute. Mentre in settimana ci sarà l’incontro dello stesso Balduzzi con Bondi.
Dopo la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro, insomma, tocca all’altra voce sensibilissima del welfare finire al centro delle “cure” di riduzione della spesa pubblica da parte del Governo dei professori. Materia delicatissima socialmente, da maneggiare con la massima attenzione. Tanto che all’interno del Governo, e della “maggioranza non maggioranza” che lo sostiene, non c’è identità di vedute.
Lo stop dell’Economia alla Stato-Regioni di giovedì scorso al riparto dei 108 miliardi dei fondi per la salute per il 2012, è stata la chiara avvisaglia di una tensione in atto. Con i governatori che, tra l’altro, chiedono il rispetto degli impegni e frenano l’ipotesi di nuovi tagli. Anche perché quelli già in cantiere sono «insostenibili», dicono da tempo: il rischio è che dalle forche caudine dei piani di rientro dai deficit, se non del commissariamento, finirebbero per sfuggire ben poche Regioni. Negli ultimi dieci anni, per dire, il disavanzo totale accumulato in sede locale per la sanità è stato di 38 miliardi. Con Lazio e Campania regine assolute dei deficit.
I tagli già in cantiere per spuntare le unghie alla spesa di asl e ospedali, a partire da quelli previsti dalla maxi manovra del luglio scorso, sono dell’ordine di 17 miliardi tra il 2012 e il 2014. Gran parte dei quali da “perfezionare” col «Patto» per la salute 2013-2015 che dovrebbe arrivare in porto entro ottobre.
Ticket (2 miliardi), farmaci (1 miliardo), prezzi di riferimento e tetti per dispositivi medici e assistenza protesica (1,5 miliardi), personale (1,3 miliardi), le voci principali. Sui farmaci, Governo e Regioni intendono andare avanti, confermando ad esempio la “tassa” a carico delle industrie che dovrebbero farsi carico del 35% del disavanzo della spesa farmaceutica ospedaliera. Sul personale, non si pensa ad alcun arretramento. E sui beni e servizi, a cominciare dai prezzi di riferimento per i dispositivi medici, si vuole andare avanti a tutto gas. Non a caso è il capitolo di spesa su cui Giarda e Bondi hanno acceso i riflettori per realizzare incassi fin da quest’anno. Anche se l’obiettivo è di andare ben oltre. Se mai sarà possibile.
Il Sole 24 Ore – 13 maggio 2012