Sul decreto che abolisce la prima rata Imu va in onda il primo scontro Pd-Pdl dell’era post-fiducia. Nel partito di Epifani cresce la voglia di fare qualcosa «di sinistra», così nelle commissioni bilancio e finanze della Camera ieri si è tenuto duro sugli emendamenti che non esenterebbero più dall’imposta gli immobili con rendita catastale superiore a 750 euro.
Una mossa che tornerebbe a far versare l’Imu a un 10% circa di proprietari di case di lusso e villini oggi esenti. Proposte «autolesionistiche» per il pidiellino Daniele Capezzone, in primis perché farebbero venir meno un impegno «politico e solenne del governo» poi perché «del tutto punitive verso una quota rilevantissima dei contribuenti». Insomma, sarebbero impopolari e romperebbero equilibri già precari. Ma anche gli uomini del Pd più vicini al Premier hanno cercato ieri di frenare proprio per non mettere in difficoltà l’alleato Angelino Alfano. Il lettiano Francesco Boccia, Presidente della commissione bilancio prima aveva cercato di stoppare tutto dichiarando inammissibili gli emendamenti. Poi, tornati ammissibili nel pomeriggio, con un tocco di cipria ma invariati nella sostanza, a Boccia non restava altro che invitare tutti i gruppi al ritiro degli emendamenti «perché l’Imu le case di lusso già la pagano e per evitare pasticci, poiché modificando la base imponibile i comuni dovrebbero restituire proprio quanto oggi hanno ricevuto dal Tesoro». Appello che il Pd si appresterebbe ad ascoltare. A patto però che il Governo venga a spiegare in commissione come troverà, senza aumenti di imposta, i 5 miliardi che servono da qui a fine anno per Imu stessa, manovra di rientro dal deficit, Cig, missioni di pace ed esodati.
In caso di risposte poco convincenti e via libera agli emendamenti, l’Imu tornerebbe a colpire su 1 milione e 750 mila immobili. Di questi il 65% sono villini, categoria che in verità ricomprende anche le casette a schiera delle periferie metropolitane non propriamente di lusso. La restante quota sarebbe costituita da abitazioni signorili classificate dal catasto A2 ma con metratura superiore a 170 mq. In pratica tornerebbero a pagare il 10% dei contribuenti che garantirebbero però un incasso di 1,2 miliardi di euro. Entrate che gli emendamenti destinano a diversi scopi. Nella riformulazione dell’emendamento è saltata la destinazione del gettito all’abrogazione dell’aumento Iva. Le risorse andrebbero ora al fondo affitti e a finanziare la Cig. Un altro emendamento abolirebbe l’addizionale Tares di 30 centesimi a mq. Un altro emendamento ancora si limita a dimezzare quella sovraimposta per finanziare sempre la Cig. Ma a scalpitare per una rimodulazione dell’Imu che faccia pagare i più ricchi non c’è soltanto il Pd.
Anche Scelta Civica ha presentato una proposta, persino più radicale, che tornerebbe a far pagare la prima rata Imu limitandosi ad innalzare da 200 a 400 euro la franchigia, ossia la soglia sotto la quale non si paga. L’emendamento, anch’esso dichiarato ammissibile, rimetterebbe in pista il 30% dei proprietari di immobili, molti più di quelli che tornerebbero a pagare con la proposta targata Pd. L’obiettivo di Scelta Civica è però diverso. Il maggiore gettito servirebbe a coprire in parte anche l’abrogazione della seconda rata Imu, sulla quale gli emendamenti Pd non si esprimono e che con la proposta di SC pagherebbe quasi un proprietario su tre con sconti però tra i 200 e i 300 euro.
Tra i 131 emendamenti che verranno votati oggi e domani da segnalare quello a doppia firma Pd-Sc che riduce la cedolare secca sui fitti concordati dal 15 al 10%. Ammissibile anche un altro emendamento Pd che introduce il prelievo Irpef sul 50% dei redditi derivanti da terreni e case sfitte ed esenta dall’Imu anche le prime case concesse in comodato a figli e parenti.
La Stampa – 8 ottobre 2013