Repubblica. Ci sono 15 miliardi in più per sanità, lavoro e scuola, qualcosa perderà il Sud, niente sarà tolto alle imprese, mentre lo schema della manovra appena approvata e la distribuzione delle risorse tra “vecchi” e “nuovi” progetti resterà quella originaria. Le nuove tabelle del Recovery Plan riveduto e corretto, soprattutto nella distribuzione delle risorse tra le varie missioni e i ministeri, sono state consegnate ieri dal titolare dell’Economia Gualtieri al presidente del Consiglio Conte nel corso di un lungo incontro.
Dopo un lavoro interminabile, anche notturno, i tecnici del Tesoro hanno sfornato una nuova distribuzione dei 208,6 miliardi in cinque anni che ci assegnerà l’Unione europea per far fronte alla crisi Covid nell’ambito del Next Generation Eu, il programma europeo da 750 miliardi varato nel luglio scorso in piena emergenza pandemica ed economica. «Contributi utili ad arricchire e migliorare il piano», ha commentato il premier dopo l’incontro cui hanno partecipato anche i ministri Provenzano (Sud) e Amendola (Affari europei).
Sotto la pressione della minaccia delle crisi politica e delle richieste dei renziani il piano ha subito alcuni cambiamenti nella distribuzione delle risorse che dovranno naturalmente essere condivisi dalla maggioranza e, successivamente, come ha ricordato lo stesso Conte, dal Parlamento. Per ora la “revisione” Gualtieri, come accennato, provvede ad aumentare di 15 miliardi le risorse per sanità, lavoro-Welfare e scuola: denari che saranno ridistribuiti su una serie di capitoli operativi. Il primo incremento di risorse per 5 miliardi investirà la sanità, oggetto di ripetute polemiche nelle passate settimane perché considerata sottodimensionata nella fase Covid: dai 9 miliardi del Piano presentato il 7 dicembre dello scorso anno, si sale a circa 14 miliardi. Crescono anche le risorse per il lavoro e il welfare: si tratta di interventi trasversali, ma la missione che riguarda i giovani, le donne e l’inclusione sociale, asili nido, anziani e disabili dovrebbe ricevere altri 5 miliardi (oggi sono 17,1). Il terzo comparto che beneficerebbe della riscrittura è quello della scuola e della ricerca: oggi ci sono 19,2 miliardi e nel documento Gualtieri aumenterebbero di 5 miliardi destinati soprattutto al potenziamento della didattica, del diritto allo studio, della formazione e del dialogo impresa-Università. Complessivamente le risorse, cioè i 15 miliardi in più, verranno dal sacrificio dei fondi di coesione, in via di programmazione, destinati all’interno del Next Generation Eu al Mezzogiorno. Non dovrebbero invece essere oggetto di rimodulazione le risorse destinate alle imprese e soprattutto quelle dell’Industria 4.0 già cristallizzate per 34 miliardi nel saldo netto da finanziare della legge di Bilancio appena approvata.
A quanto pare se il documento di Gualtieri apre sulla ripartizione dei fondi tra ministeri, non sembra invece che verranno toccate le risorse destinate a coprire spese già programmate e dunque che sostituiscono il “vecchio” finanziamento con Bot e Btp con fondi europei a tasso zero. Si tratta di 87 miliardi (dei 127,6 dei “prestiti” del Recovery Fund) considerati preziosi allo scopo di non aumentare il deficit e il debito ulteriormente: un tema che diventa di giorno in giorno più sensibile con la crescita del debito a 22 milioni all’ora e oggetto ieri di una considerazione della “intelligence unit” dell’ Economist che scorge il rischio di un declassamento del debito sovrano italiano nel corso del 2021.
Non c’è problema invece per i cosiddetti grant, cioè le elargizioni a fondo perduto che rappresentano 81 miliardi (uniti ai 127,6 fanno i famosi 208,6 del Recovery Fund): non si caricano sul debito e dunque si possono destinare con minori vincoli.