Botta e risposta tra Quotidiano sanità e le sigle della dirigenza. Qui sotto le risposte del presidente Fvm Aldo Grasselli.
QS. Con il cambio di maggioranza nel Governo pensate vi saranno cambiamenti di linea sulla sanità rispetto al precedente esecutivo?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm. Perché mai dovremmo aspettarci un cambio di direzione? I Governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni hanno loro emanazioni anche in questo esecutivo (al netto delle scissioni di oggi) e non hanno saputo (o voluto) incidere seriamente sui problemi più gravi che affliggono il SSN da tempo e che abbiamo sistematicamente ricordato ad ogni cambio di maggioranza. Nulla fa pensare che il nuovo ministro della salute e i suoi sottosegretari facciano il miracolo.
Rilanciare la sanità pubblica è ormai solo un modo di dire. Per farlo occorre una iniziativa radicale, che chiama in causa diverse responsabilità.
Nell’ultimo decennio la sanità pubblica ha fatto da bancomat (insieme a tutto il sistema di welfare) con tagli di oltre 37 miliardi di euro. La spesa sanitaria privata out of pocket è arrivata a 40 miliardi. Il paradigma è ancora: meno stato e più mercato?
Perché diciamo ai cittadini che possono contare sulla nostra bellissima Costituzione se l’art. 32 non è più oggettivamente negli impegni concreti di bilancio?
QS. Quali le prime richieste per il neo ministro Speranza?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm. Facendo riferimento al quadro sopra sintetizzato, il ministro Speranza dovrebbe esigere un confronto e un reciproco impegno tra i soggetti istituzionali (MEF, Regioni, MIUR), le parti sociali e i sindacati dei professionisti e dei lavoratori. Se si immagina di realizzare finalmente uno scenario diverso dal solito balletto inconcludente a Lungotevere Ripa o altrove, occorre che il ministro pretenda di siglare un patto vero tra tutte le parti, un patto che rappresenti la base di appoggio politico per avviare un vero e proprio “piano Marshall” per il SSN. Non si può assistere a una dialettica tra MEF e Salute in cui ogni ipotesi di strategia di rilancio cade vittima della contabilità di cassa di fine mese. L’operazione di cui ha bisogno il Ssn non è una pillola sedativa ma una lunga cura ricostituente. Una iniziativa concretamente rivolta a far vivere meglio i cittadini sarebbe come si dice oggi win-win per cittadini utenti, lavoratori, imprese, PIL, equilibrio di bilancio, credibilità di un governo.
QS. Il Patto per la salute non è ancora stato siglato. Chiederete di essere convocati prima della sigla? E in ogni caso quali sono le vostre proposte in merito?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm. Il Patto per la salute, pur con le dovute consultazioni, non porterà da nessuna parte se tutte le parti in causa non si daranno impegni economici e scadenze precise. Se rileggiamo i patti degli ultimi dieci-quindici anni cosa troviamo se non “magnifiche sorti e progressive” per il Ssn che non si sono avverate? I sindacati vanno a tutti i confronti possibili, più o meno concreti, ma ciò che conta, ciò che cambia le sorti della storia della sanità pubblica italiana sta nella volontà politica di stabilire nel 2020 l’anno di svolta, e la volontà politica definisce il carattere di un governo e la sua credibilità al momento delle verifiche politiche e poi elettorali.
QS. A breve ci sarà la legge di bilancio, primo vero banco di prova per il Conte/2. Ci vuole indicare le tre priorità per la sanità e per gli operatori del settore?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm. Ad abundantia, ne elenco 4:
1. Sintetizzare con un logoro “incrementare il finanziamento del SSN” è dem o populista? Ma il succo sta lì.
Per fare cosa, però, è il fattore decisivo. In tre anni (se li vuole vivere tutti) questo governo dovrebbe avviare una forte iniziativa di edilizia ospedaliera, a patto che le regioni razionalizzino la rete e dismettano ospedali dispendiosi, vetusti e pericolosi in termini di sicurezza antisismica. In questo modo si creano posti di lavoro, si creano presidi di cura moderni e affidabili per i pazienti che sono anche posti di lavoro più piacevoli per i sanitari.
2. Assumere, assumere, assumere! Mancano giovani medici e sanitari. Il personale è in media troppo anziano per un ruolo così delicato e stressante come la cura delle persone. Bisogna far saltare il collo di bottiglia delle specializzazioni esclusivo appannaggio dell’Università e formare i medici e i sanitari nei Teaching Hospital e nei servizi individuati nel Ssn, ma per fare questo occorre disarticolare strutture di potere decisamente robuste e mettere risorse per i contratti di formazione-lavoro. Lo stato, se vuole mantenere una funzione centrale in sanità, almeno eviti che l’inerzia autorizzi le regioni a fare arlecchinate normative e contrattuali in questa materia.
3. Eliminare i tempi morti della sanità con una potente digitalizzazione della tracciabilità dei processi di cura. Informatizzare le cartelle cliniche e tutti i dati sanitari dei cittadini. Se con uno smartphone si può fare trading senza problemi mentre si gira il mondo, è assurdo pensare che se si cambia regione diventiamo dei perfetti sconosciuti.
4. Fare davvero e finalmente una prevenzione primaria incisiva e moderna. Le sfide non mancano: vaccini, educazione sanitaria e sessuale, lotta agli abusi, stili di vita, sicurezza alimentare, salute e benessere animale, lotta all’antibiotico resistenza, ecc.. Costa poco e ha un elevato gradiente di rendimento in salute e spesa sanitaria risparmiata.