Non li ha uccisi l’acqua del pozzo, che avrebbe dovuto avvelenare anche i vicini di casa. Non le patate usate per il purè, che erano state regalate da un cugino, ma che hanno mangiato anche altre persone. E neppure gli escrementi dei piccioni, che sì hanno il nido nel fienile, ma che non si spiega come possano poi essere stati ingeriti da tutta la famiglia. E neppure il veleno per topi, di cui i carabinieri hanno sequestrato due bustine, perché sono anni ormai che il tallio è stato bandito dal topicida. L’ultima pista è quella dei due climatizzatori della vecchia casa di via Gian Paolo Thanner, nella piccola frazione di Santa Marizza, una manciata di case in mezzo alle campagne tra Udine e il mare Adriatico. Gli investigatori hanno sequestrato i filtri dell’aria condizionata, certamente accesa durante le vacanze dal 6 al 20 agosto, ma solo per escludere l’ennesima ipotesi.
Di sicuro c’è solo il nome del veleno che ha ucciso uno dopo l’altro i Del Zotto, famiglia di Varmo trasferita da anni a Nova Milanese, in Brianza. Si chiama tallio, è un metallo pesante letale per l’organismo. Lo è stato per la 62enne Patrizia Del Zotto, morta il 2 ottobre all’ospedale di Desio. La prima ad accusare nausea e vomito. Era allergica ai metalli, non c’è stato antidoto né cura. Poi è toccato a suo padre Giovanni Battista, anni 94, ex alpino della brigata Julia, sopravvissuto alla ritirata di Russia e a 40 mesi nei campi di concentramento. Ieri è stata la volta di Maria Gioia Pittana, 87 anni, sua moglie. Morta nonostante il ricovero immediato, non appena i medici hanno riscontrato la presenza di tallio anche in altri due componenti della famiglia: la figlia Laura, 58 anni, Enrico Ronchi, marito della prima vittima, e nella badante dei due anziani, Serafina Pogliani, 49 anni. Le loro condizioni migliorano.
Tutti e sei erano stati ad agosto nella vecchia casa di Santa Marizza, dove tornavano ogni anno. I Del Zotto vivono in via Fiume a Nova Milanese, una casa bifamiliare. Solo uno dei tre fratelli non era stato con loro in Friuli questa estate. E lui oggi dice che in effetti «non c’era stata occasione di cenare tutti insieme», e forse per questo ha scampato l’avvelenamento. I carabinieri di Desio (MB) e Latisana (Ud) sono «ragionevolmente sicuri» che dietro questa storia ci sia un caso di avvelenamento accidentale. Ingestione di cibo contaminato, dicono dalla Procura di Monza che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Anche se in passato ci sono stati due precedenti nella zona di Varmo, due casi di avvelenamento da tallio. Ma per gli inquirenti si tratta di altre vicende, altri scenari.
In paese, però, alla storia che l’avvelenamento sia partito proprio da qui, credono in pochi. «Di sicuro il tallio non vola, se è stato contaminato il cibo non ci è finito da solo», dice la vicina di casa. Qui i Del Zotto sono conosciuti, alcuni parenti gestiscono un ristorante in paese.
Da subito le attenzioni degli investigatori si sono concentrate sulla casa di Varmo, anche perché il periodo di incubazione del tallio è di quasi un mese, e i primi malori si sono verificati verso la fine di settembre. Le analisi definitive arriveranno nei prossimi giorni. Non si esclude nemmeno, però, che l’avvelenamento possa essere invece avvenuto nella casa di Nova Milanese. Anche qui i carabinieri hanno sequestrato campioni di cibo. Solo il figlio non è stato ricoverato, le sue analisi hanno escluso qualsiasi valore fuori dalla norma. Intanto i Del Zotto continuano a morire. E nessuno sa il perché.
Cesare Giuzzi – Il Corriere della Sera – 14 ottobre 2017