Roberto Speranza non si stanca di lanciare appelli a «non abbassare la guardia». Ma se fino a pochi giorni fa i suoi ragionamenti erano ispirati alla preoccupazione più estrema, ora il ministro della Salute apre spiragli all’ottimismo: «Dobbiamo resistere ancora per alcuni mesi, ma il Covid verrà sconfitto grazie alla ricerca scientifica». Intervistato dal direttore Luciano Fontana durante il talk online «La sanità futura tra innovazione e ricerca», organizzato da Rcs Academy con il Corriere Salute, Speranza ha urgenza di dire due verità, in apparente contraddizione. La situazione è «molto seria, con una pressione significativa sul Sistema sanitario nazionale e un numero di decessi che non può non colpirci». L’altra verità è che la prossima settimana l’indice Rt potrebbe scendere sotto l’1, segno che «le misure adottate stanno iniziando a dare degli effetti».
Se per molti è il momento di riaprire tutto, Speranza esorta a non «commettere leggerezze e fughe in avanti», un monito che sembra rivolto prima di tutto al governo di cui fa parte. «Non possiamo permetterci un’altra ondata all’inizio del 2021, deve rimanere la massima prudenza. La partita è ancora molto dura». Con questo spirito Speranza affronterà oggi il vertice sulle regole di Natale con il premier Conte e i capi delegazione, dove si batterà per alcune «inevitabili» limitazioni: «Mi piacerebbe dire che si può riaprire tutto, ma i problemi non sono risolti. Non dimentichiamo quanto avvenuto in estate quando parte del Paese ha pensato che la battaglia fosse vinta». I viaggi, le discoteche e poi la seconda ondata, col suo doloroso carico di vite spezzate: «Stiamo pagando un prezzo salato. Finché non avremo cure certe e un vaccino approvato, l’unica arma sono misure che comportano sacrifici».
Fosse stato per lui i dossier del Natale e delle vacanze sulla neve sarebbero ancora chiusi. Ma adesso che il dibattito è esploso («è legittimo e lo rispetto molto») Speranza è determinato a scongiurare allentamenti: «Il quadro è molto severo e necessita della massima prudenza». La politica, è il messaggio, deve decidere sulla base dei dati scientifici. Vale per lo sci e vale per la scuola, sulla cui chiusura la sua linea del rigore è stata fortemente condizionante. Se la ministra Lucia Azzolina si batte per far tornare medie e licei in presenza il 9 dicembre, lui ci va molto cauto: «Valuteremo giorno per giorno i dati e proveremo a capire come il contesto epidemiologico ci consentirà di gestire una funzione fondamentale del nostro Paese».
Adesso per Speranza la «priorità assoluta» è il Piano strategico per le vaccinazioni contro il Covid-19, «una partita fondamentale». Il 2 dicembre lo presenterà in Parlamento e dirà che «grazie all’iniziativa europea promossa dall’Italia» numerosi contratti sono stati o saranno a breve sottoscritti: «Questo ci metterà nelle condizioni di avere il 13,65% di tutti i vaccini che saranno acquistati in sede europea». È lo Stato che compra le dosi, non le Regioni. Quanto all’affidabilità, ha fiducia nelle agenzie Aifa e Ema: «Verranno fatte tutte le verifiche affinché il vaccino sia efficace e sicuro e noi dovremo lavorare per costruire una campagna di vaccinazione molto larga, che ci consentirà di aprire una fase diversa».
Ha fretta di voltare pagina e chiudere «con la stagione dei tagli». Il piano che ha già presentato al Parlamento ha bisogno (anche) dei soldi del Mes. Se i 5 Stelle quei 37 miliardi non li vogliono, il ministro li invoca per «aprire una nuova grande stagione di investimenti sul Ssn» e realizzare un modello nuovo di spesa sanitaria, dove la casa diventa «il primo luogo di cura». Nel dl Rilancio la copertura per l’assistenza domiciliare è passata dal 4% al 6,7% e l’obiettivo è arrivare al 10%: «Vorrei che l’Italia fosse il primo Paese europeo per assistenza domiciliare». Una rivoluzione, per non sprecare la «grande opportunità» che questa drammatica crisi ci offre.