«Non discuto dell’articolo 18, se non all’interno di un ragionamento generale. Non ha senso fissare un unico punto. L’efficacia di una misura è figlia dell’equilibrio complessivo delle norme». Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è prudente.
Prima di partecipare al Forum di Confcommercio, a Cernobbio sceglie di commentare con circospezione le parole pronunciate al mattino dal ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, sull’opportunità di una maggiore flessibilità in uscita: «Abbiamo fatto tanti danni. Una singola misura va valutata all’interno di un ragionamento generale», ripete. Quindi, con il pragmatismo proprio di chi proviene dal mondo della cooperazione emiliano-romagnola, non enuncia sofisticate teorie di diritto del lavoro, ma preferisce andare al sodo: «Guardate che le riforme da noi annunciate sono state definite con l’obiettivo di ridurre al minimo le cause di lavoro decise dal magistrato. Il lavoro è figlio di una libera scelta dei soggetti e non della decisione di un soggetto terzo quale il magistrato. Poi, naturalmente bisogna tutelare la parte meno forte. Ma, certo, tutte le volte che si finisce dal giudice abbiamo perso».
Ieri è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo del decreto sul lavoro. «Ora inizia il corso parlamentare – chiosa Poletti – noi siamo intenzionati a monitorarne gli esiti». Anche perché, come ricorda lo stesso ministro, il provvedimento ha avuto molti plausi, ma anche parecchie critiche. L’obiettivo del Governo è che l’impostazione non venga stravolta.
In ogni caso, le policy dell’Esecutivo Renzi si confronteranno con una realtà molto dura. «Quest’anno ci saranno problemi acutissimi di occupazione – dice Poletti – perché la recessione non ha ancora scaricato tutti i suoi effetti». C’è dunque un profilo statistico, con i tassi di disoccupazione che sembrano destinati a lievitare ulteriormente. E c’è un profilo più puntuale, con l’affastellarsi di crisi aziendali che sembrano destinate a toccare, nei prossimi mesi, apici drammatici: per citare tre casi, l’ex Alcoa di Portovesme, l’Ilva di Taranto e la Lucchini di Piombino. Anche perché il meccanismo “cassa integrazione – tavolo di crisi – nuova cassa integrazione – nuovo tavolo di crisi” ormai mostra tutta la sua debolezza, operativa e strategica. «Se sarò coinvolto nella gestione delle crisi industriali? – risponde Poletti – Certo, insieme naturalmente al ministero dello Sviluppo economico. C’è da fare per tutti». Dunque, nessuna invasione di campo, ma l’impressione che Poletti non si limiterà, come alcuni suoi predecessori, ad autorizzare i provvedimenti per la cassa integrazione e per la mobilità. Con la ricerca di quadri complessivi e organici: «Nel decreto sono previsti 15 milioni di euro per i contratti di solidarietà, che saranno assegnati alle imprese che dimostreranno di fare investimenti, di farli in Italia e di garantire occupazione. Per il 2014 ci sono le coperture finanziarie per gli esodati. Ma, su questo tema, dobbiamo trovare una soluzione definitiva. Serve una misura che perimetri il problema e tiri una riga finale».
Secondo Poletti, però, servono soprattutto le politiche attive per il mercato del lavoro. «C’è un pezzo di Italia che non ne può più. A questo pezzo d’Italia bisogna dare risposte e dargliele subito. C’è chi non trova lavoro. C’è chi non ha un reddito congruo. Ci sono gli imprenditori che non riescono a fare impresa come vorrebbero. Le nostre politiche guardano a questa Italia». Politiche che appunto dovrebbero contemplare anche la parte attiva. Come il progetto Garanzia giovani. E il ponte fra scuola e impresa, con l’adozione di un modello tedesco in cui – negli ultimi due anni di superiori – i ragazzi vanno ad annusare l’aria delle fabbriche e degli uffici. «E in tutto questo – conclude Poletti – non possono non essere coinvolte le imprese. La risposta non deve più essere quella di fare un corso. La risposta deve essere un reale ingresso nel mondo del lavoro».
Il Sole 24 Ore – 22 marzo 2013