Il ministro della Salute Ferruccio Fazio il 20 gennaio 2011 ha presentato in Senato un documento sulla vicenda della diossina e sul sistema dei controlli.
Dal testo emerge che il nostro Paese è stato solo sfiorato dal problema e che i livelli di contaminazione registrati in Germania su uova e maiali sono stati appena superiori ai limiti e hanno riguardato pochissimi animali. Nel corso dell’intervento il ministro ha anticipato un programma per migliorare il sistema dei controlli sui prodotti alimentari basato su 7 punti che ilfattoalimentare.it ha pubblicato nei giorni scorsi. Non essendo chiari alcuni punti abbiamo chiesto al ministro della Salute Ferruccio Fazio alcune domande.
Nel documento lei parla di “punti di debolezza del sistema attuale dei controlli “. Anzitutto a quale sistema di controlli si riferisce, a quello italiano o a quello del “network” europeo? E quali sono le criticità che avete individuato? Molti lamentano il fatto che i controlli in Italia sono ripartiti tra una ventina di diverse autorità, le quali dipendono da diversi Ministri e risultano operare in modo indipendente tra loro. Lei prevede di raggiungere un accordo presso il Consiglio dei Ministri, per vedere affermato il ruolo esclusivo del suo Ministero nel coordinamento dei controlli relativi alla sicurezza di alimenti e mangimi?
È noto che i regolamenti comunitari dal 2002 in poi hanno definito un doppio sistema di controllo: in prima linea l’autocontrollo aziendale sotto la responsabilità dell’operatore del settore alimentare e una seconda, fondamentale, ulteriore linea, rappresentata dal controllo pubblico. La collaborazione tra questi soggetti è sancita dai regolamenti, ma le crisi ci hanno insegnato che una precoce azione di sinergia tra il soggetto pubblico e privato, avrebbe potuto contenere i danni.
Ho disposto quindi la predisposizione di misure volte a rendere il processo di autocontrollo più trasparente, rafforzando quindi l’anello debole rappresentato dal passaggio di informazioni tra produttore e organo di controllo. La varietà delle Amministrazioni coinvolte nello svolgimento dei controlli ufficiali in materia di alimenti e mangimi non dovrebbe rappresentare un problema, ma piuttosto una risorsa, anche in considerazione del fatto che ciascuna di esse ha uno specifico mandato istituzionale.
A riguardo, va ricordato che il Ministero della Salute è l’unica autorità competente centrale in materia di sicurezza alimentare, ai sensi del DLgs 193/2007. Pertanto, il nostro Ministero ha già un ruolo esclusivo, ancor più rafforzato dal fatto che, in qualità di punto di contatto nazionale, è responsabile della predisposizione del Piano Nazionale Integrato (PNI o MANCP), cioè dello strumento previsto dal Regolamento comunitario 882/2004 per la razionalizzazione e l’ottimizzazione dei controlli ufficiali mediante l’integrazione ed il coordinamento di tutte le componenti coinvolte.
In proposito, il PNI 2011-2014 è stato redatto con la partecipazione di tutte le Amministrazioni con competenze correlate (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Regioni e Province autonome; Forze di polizia; Agenzia delle Dogane) ed è stato approvato in Conferenza Stato Regioni con Intesa del 16 dicembre 2010. I risultati del piano ed i controlli effettuati a tutela dei cittadini vengono regolarmente pubblicati sul Portale del Ministero.
Si parla di più trasparenza, cosa vuol dire? Sembrerebbe di intendere che le aziende dovranno mettere a disposizione delle Asl, in rete, i risultati delle analisi eseguite nell’ambito dell’autocontrollo? Si tratta di tutte le analisi o solo di quelle fuori norma? Si intravede anche un nuovo obbligo, in capo ai laboratori di analisi, di segnalare le non-conformità rilevate. E così?
È indubbio il bisogno di maggior trasparenza. Il piano di autocontrollo aziendale, così come i risultati analitici ottenuti nell’ambito di applicazione di medesimo piano già oggi devono essere messi a disposizione dell’Autorità competente, cioè i servizi veterinari e i servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione della ASL, durante i controlli ufficiali. La vera novità starà appunto nell’istituzione di un sistema informatizzato che possa monitorare determinati parametri per settori produttivi ben definiti. Un sistema simile, già operativo, per fare un esempio, per il monitoraggio di Salmonella e Listeria nei prodotti a base di carne destinati all’esportazione verso gli USA, ha dimostrato il proprio valore predittivo. Quando si è osservato un aumento delle non conformità nella popolazione delle aziende osservate, parimenti si sono registrate non conformità sui prodotti esportati.
Sono perfettamente consapevole che un sistema di monitoraggio simile potrebbe risultare gravoso per piccole realtà, di conseguenza sarà impiegato in maniera graduale e sostenibile e solo quando i benefici siano di gran lunga superiori agli oneri. Per quanto riguarda i laboratori che effettuano analisi per l’autocontrollo aziendale ho proposto la segnalazione, senza indebito ritardo, alla ASL competente territorialmente dei risultati analitici non conformi alle norme sulle sicurezza degli alimenti, dei mangimi e dei materiali destinati al contatto con alimenti. Il provvedimento ha quindi un’ampia portata, che considera la sicurezza alimentare nel suo insieme e tiene conto di fattori che potrebbero incidere negativamente, anche indirettamente.
Ma anche in Italia esistono stabilimenti nei quali si producono mangimi e bio-carburanti insieme?
Esistono stabilimenti che producono essenzialmente biodisel a partire da oli vegetali (olio di palma). Dal ciclo di lavorazione, questi stabilimenti producono “glicerina” che in alcuni casi potrebbe essere utilizzata, sebbene in misura molto modesta, dall’industria mangimistica: in questo caso tali stabilimenti devono essere registrati negli elenchi Regionali degli operatori del settore dei mangimi (OSM) previsti dal Regolamento (CE) 183/2005, quindi essere sotto il controllo dei Servizi Veterinari locali.
Lei ha promesso di istituire una banca-dati del settore “food”. In questa banca-dati saranno inseriti anche gli importatori, gli agricoltori e gli esercizi della grande distribuzione organizzata?
L’obbligo per gli operatori di registrare gli stabilimenti posti sotto il loro controllo è un principio definito dai Regolamenti del Pacchetto Igiene. Quello che intendo fare è dotare il Paese di un sistema informatizzato unico centralizzato per gestire, ad esempio, gli operatori registrati ai sensi del regolamento CE 852/2004, che producono, importano e commercializzano gli alimenti. Tutti i soggetti da lei citati sono operatori del settore alimentare, ora si tratta di stabilire gli scaglioni e le tempistiche, poiché non è pensabile la realizzazione di una anagrafe di questa portata in una soluzione unica.
Ma desidererei attirare la sua attenzione sulle imprese che operano nel settore dei materiali ed oggetti a contatto con alimenti, come i materiali di confezionamento ed imballaggio e le stoviglie. Ad oggi la registrazione non è resa obbligatoria dalla normativa comunitaria, ma io ritengo che, per l’impatto che possono avere sulla sicurezza degli alimenti, sia strategico pensare ad una forma di anagrafe anche per questi operatori.
Ma la tracciabilità dei mangimi non è già stabilita in tutta Europa dal reg. CE n. 183/05? A proposito, nel Pacchetto Igiene era stato anche previsto di valutare l’ipotesi di imporre ai mangimisti le fideiussioni a garanzia di eventuali danni, pensate sia il caso di riprendere a parlare anche di ciò in Europa?
Sì, la tracciabilità dei mangimi è già prevista dal Regolamento (CE) 183/2005, su “igiene dei mangimi”, in generale poi anche il Regolamento (CE) 178/2002 prevede la tracciabilità sia degli alimenti che dei mangimi. Per la seconda domanda non ho evidenza che i produttori di mangimi italiani abbiano stipulato accordi con le compagnie assicurative. La stessa Commissione Europea all’epoca aveva frenato in attesa di fornire parametri uniformi finora non fissati date le difficoltà incontrate. Risulta invece che molte aziende hanno stipulato contratti assicurativi in via del tutto privata ed al di fuori dei dettami del regolamento CE 183/2005 . In ogni caso il Commissario Dalli alla Salute e alle Politiche dei Consumatori ha già annunciato l’intenzione da parte della Commissione UE di riprendere il dossier in materia di assicurazione volontaria/obbligatoria da parte dei produttori di mangimi congelato a suo tempo.
Monitoraggio ambientale delle aree a rischio ? Quali sono? Mi viene in mente la zona di Taranto dove sono stati abbattuti anni fa capi 1700 ovini diossina oppure in Sardegna la zona di Quirra? Oggi si parla di uova alla diossina rilevate dall’asl di Mantova a causa di inquinamento ambientale delle industrie circostanti. Perché a proposito dei controlli in Italia è così difficile avere i dati di tutti i controlli che vengono fatti ogni anno? Forse a causa della dissipazione delle attività tra molte diverse autorità?
Ottenere i dati dei controlli effettuati in Italia non è difficile, basta semplicemente accedere al sito del Ministero dalla Salute. Nell’area “sicurezza alimentare”, troverà tutti i resoconti annuali tematici, come ad esempio la relazione del Piano nazionale residui, sia il quadro complessivo dei risultati dei controllo di tutte le Amministrazioni che ho citato, ovvero la Relazione annuale al Piano nazionale integrato dei controlli. Per quanto concerne i casi di rischio ambientale che Lei cita, posso confermarle che su tutto il territorio nazionale queste aree, denominate siti di interesse nazione (SIN), sono 57 e sono state individuate con il decreto legislativo 152 del 2006. Ad oggi, le conoscenze sui principali contaminanti presenti nei SIN fornisce, un quadro sufficientemente esaustivo sui pericoli esistenti e le fonti di contaminazione, ma non permette ancora di quantificare il rischio sanitario legato al consumo di alimenti prodotti in prossimità dei siti stessi. Pertanto, è necessario un approfondimento analitico sulla migrazione delle sostanze inquinanti nella catena alimentare allo scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute. Sta partendo in questi giorni, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare un piano di durata triennale che si prefigge gli obiettivi esposti. Il problema quindi lo stiamo affrontando in maniera integrata e tutt’altro che sporadica.
Un’ultima domanda, la legge sull’etichetta di origine votata poche settimane al Parlamento italiano secondo Paola Testori Coggi direttore della Dg Sanco verrà probabilmente respinta dall’UE. A noi sembra un parere molto autorevole. Alcuni suoi colleghi Ministri mostrano tuttavia ottimismo, come se fosse il diritto europeo a doversi adattare a quello italiano e non viceversa. Lei cosa ne pensa?
L’opinione della dottoressa Testori Coggi è di indiscutibile valore ed innegabile autorevolezza. È bene precisare che il diritto comunitario non è una imposizione calata dall’alto, ma è il frutto del dialogo tra le posizioni dei Paesi membri dell’Unione europea, nonché la sintesi democratica delle diverse volontà politiche. L’Italia proseguirà nel portare avanti la sua posizione, così come ha fatto durante la discussione del “Regolamento relativo alla fornitura di informazioni dei prodotti alimentari ai consumatori”, attualmente al Consiglio. Ricordo che su tale regolamento l’Italia ha votato contro, poiché a nostro avviso non erano sufficienti le informazioni sull’origine dei prodotti previste per i consumatori. Anche per un altro provvedimento, quello relativo all’etichettatura di origine della carni di pollame, emanato dopo la crisi dell’influenza aviaria, inizialmente avversato, la Commissione ha ritirato la procedura di infrazione presentata presso la Corte di Giustizia.
Intervista a cura di Roberto La Pira – ilfattoalimentare.it – 5 febbraio 2011