Del resto quella dei medici, a causa di un turn over con il contagocce e una programmazione sbagliata dei posti a Medicina e nelle specializzazioni, è una delle categorie con l’età più avanzata nella Pubblica amministrazione visto che quasi la metà dei nostri dottori in servizio in ospedale e negli studi ormai ha più di 60 anni: in particolare è over 60 il 45% degli ospedalieri e il 52% di pediatri e medici di famiglia. E proprio tra quest’ultimi c’è la situazione più critica: si sono già ridotti a 39.270 quando erano 42.428 nel 2019 (in pratica 0.69 per mille abitanti ) e ora per questa categoria (compresi i pediatri) sono previsti 4.747 pensionamenti nel 2023con l’apice della gobba pensionistica nel 2024 con 4.924 ritiri per poi scendere a 4822 uscite nel 2025. Insomma ogni anno va in pensione più del 10% dei medici di famiglia. Per la specialistica ambulatoriale non va molto meglio visto che ci saranno 1.116 pensionamenti nel 2023 che nel 2024 saliranno a quota 1.224, ma con il picco che ci sarà nel 2025 con 1.334 uscite. Nella dirigenza medica (gli ospedalieri) infine quest’anno ci saranno 6.900 pensionamenti, nel 2024 6.600, mentre l’apice della gobba sarà nel 2025 con 7.000 uscite: per chi lavora in corsia i numeri restano sempre alti fino al 2030 quando si stimano 4.850 pensionamenti. Entro il 2025, facendo la somma complessiva perderemo in tutto 14.493 medici di medicina generale e pediatri di libera scelta; 3.674 specialisti ambulatoriali e 20.500 dirigenti medici per un totale di 38.667 camici bianchi. Insomma una vera e propria emorragia di dottori nel Ssn che non tiene nemmeno conto del fenomeno delle dimissioni volontarie – si stimano almeno 3mila medici che ogni anno si licenziano o chiedono il prepensionamento – per andare a lavorare nel privato o addirittura all’estero dove si aggiungono nuove ambite mete come i Paesi arabi dove i dottori vengono pagati a peso d’oro
A mettere in fila tutti i numeri sui nostri camici bianchi è un ampio rapporto del centro studi del Sumai Assoprof (il sindacato dei medici specialistici ambulatoriali) presentato nei giorni scorsi in occasione del congresso a Roma e realizzato sui database di Ordine, Enpam, Sisac, Aran, Istat, Corte dei conti e ministero della Salute. Numeri davvero preoccupanti che fanno dire al segretario Sumai Antonio Magi che «se non ci saranno subito investimenti seri e decisivi sul personale sanitario, la Sanità pubblica Italiana che conosciamo oggi, anche se in crisi, dal 2025 rischia di saltare realmente». Un rischio concreto anche perché l’aumento dei nuovi laureati in Medicina e soprattutto degli specializzandi (dal 2021 sono state aumentate di molto le borse che ora viaggiano sulle 14mila l’anno) si vedranno dal 2026 in poi. Per Magi del Sumai il problema numero uno è dunque «convincere i giovani medici, e quelli che si laureeranno in medicina, a rimanere a lavorare nel nostro paese e nel Ssn». Un tentativo arriva in manovra dove sono stati stanziati i fondi per il nuovo contratto dei medici (oltre 2 miliardi): basteranno un po’ di soldi in più in busta paga per salvare il Ssn?