L’Oms l’ha ribattezzata da poco la «pandemia ombra». Una condizione «invisibile e trascurata, che colpisce circa il 10-20% delle persone» che contraggono o hanno contratto il virus. Una condizione per la quale si stanno studiando terapie su misura: l’ultima allo studio è un cocktail di arginina e vitamina C che sembra funzionare per curare alcuni sintomi diffusi come i disturbi gastrici o l’insonnia. Ma contro il Long Covid resta cruciale la diagnosi con visite ed esami accurati su cui si sono specializzati già 115 centri in tutta Italia censiti dall’Istituto superiore di Sanità che ha anche elaborato da pochi mesi delle linee guide con le buone pratiche cliniche da seguire. Si tratta di strutture che offrono diverse tipologie di servizi sia per pazienti adulti che per bambini: si va dalle c attività ambulatoriali (visite, esami, ecc) al day hospital fino al ricovero e alla riabilitazione.
Peccato che gli italiani presto potrebbero tornare a pagare il ticket su tutte le visite e gli esami necessari per diagnosticare appunto il Long Covid perché tra quattro mesi – e cioè il 23 luglio – finisce la copertura per l’esenzione alla compartecipazione della spesa da parte dei cittadini per le prestazioni diagnostiche e specialistiche ambulatoriali del Servizio sanitario nazionale che rientrano nelle attività di follow-up sulle possibili conseguenze del virus: dalle analisi del sangue all’elettrocardiogramma dalla spirometria alla tac del torace, solo per citarne alcuni. Un protocollo sperimentale per il quale nel 2021 – con il decreto sostegni convertito in legge nel luglio dello stesso anno – sono stati stanziati 50 milioni per una durata appunto di due anni. Ora la scadenza per la fine dell’esenzione con tanto di codice in ricetta (CV2123) è vicinissima e se non si correrà ai ripari con un nuovo stanziamento si decreterà l’abbandono della presa in carico di questi pazienti che potrebbero soffrire nel tempo degli effetti cronici di questa nuova patologia.
Insomma «mentre il mondo è determinato a lasciarsi alle spalle la pandemia» resta ancora come un pesante strascico che non può essere dimenticato l’emergenza del Long Covid che «va presa sul serio» nonostante da tempo non abbia «ricevuto l’attenzione che merita», ha ricordato nei giorni scorsi un editoriale pubblicato su Lancet in occasione della giornata internazionale di sensibilizzazione di questa nuova patologia cronica definita dall’autorevole rivista scientifica come «una condizione multisistemica post-infezione debilitante che compromette le capacità di svolgere attività quotidiane per diversi mesi o anni» con conseguenze pesanti sul lavoro e quindi sull’economia.
Per l’Oms si tratta di una malattia molto complessa che conta ad oggi oltre 200 sintomi segnalati. Al Long Covid sono stati associati in diversi casi anche danni e disfunzioni in molteplici organi e sistemi organici, dal sistema nervoso a quello cardiovascolare: a esempio sono ben attestati disturbi della coagulazione con micro-coaguli diffusi, macro-embolie e micro-embolie, danni cardiaci e cardio-vascolari, fibrosi e danni multi-organo, conseguenze autoimmuni sistemiche, disfunzione prolungata del sistema immunitario, gravi eventi trombo-embolici ben oltre la fase acuta dell’infezione, patologie metaboliche come il diabete, danni a carico del sistema nervoso centrale e periferico, e patologie gastrointestinali, solo per citare alcune condizioni associate all’infezione da Sars-CoV-2.
Per questo l’associazione dei pazienti di Long Covid Italia nei giorni scorsi ha chiesto al Governo e al ministro della Salute Orazio Schillaci alcune misure come il riconoscimento in alcuni casi della disabilità e delle esenzioni codificate per la patologia Long Covid o per le condizioni ad esse associate e la possibilità nel mondo del lavoro di usufruire di flessibilità degli orari o dello smart working.