Ill.mi Ministri, pareva intravvedersi la possibilità di un ripristino della mobilità volontaria da troppo tempo negata di fatto a tutti i dipendenti delle PP.AA. giacché subordinata ad un nulla osta dell’Amministrazione di provenienza che risultava quasi sempre impossibile ottenere. La norma, di cui all’art. 1 del D.lgs. 165/2001, ci è sempre apparsa incomprensibile e fuori del tempo: risulta invero del tutto discrasico ed irragionevole qualsivoglia limite alle procedure di mobilità in questione proprio ove posto nei confronti di personale del ruolo dirigenziale (del SSN) che si caratterizza in sé per una sostanziale flessibilità; la quale, difatti, viene pure ed invece pretesa dalle Amministrazioni secondo opportunità (di parte), venendo spesso calpestati anche e proprio quegli stessi vincoli specialistici che, in ogni caso, lo stesso contratto nazionale di lavoro dispone.
Nella fase preparatoria del cosiddetto “Decreto PA” il legislatore pareva fermamente orientato ad abolire finalmente la suddetta anacronistica previsione a favore di tutto il personale degli Enti della PA, con tanto rilevanti quanto evidenti effetti benefici per gli enti stessi. Unico neo, non irrilevante, pareva la volontà di mantenere alcuni vincoli ancora posti a detrimento di una mobilità necessariamente svincolata: il fatto che il richiedente rendesse prestazioni «infungibili» (caratteristica delle prestazioni sanitarie specialistiche! Un vincolo che posto in questi termini avrebbe messo le aziende sanitarie nella possibilità di opporsi strumentalmente ad un diritto), ovvero che fosse stato assunto da meno di tre anni (sembrava tuttavia cadere anche il vincolo della permanenza per cinque anni nella sede di prima destinazione), ovvero ancora che nell’amministrazione di appartenenza vi fosse una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente (definizione non chiara).
Detti vincoli sono stati purtroppo confermati, ma ogni preoccupazione è svanita di fronte all’incredulità con cui si è dovuto osservare l’intervenuta esclusione, dalla novella legislativa, del solo personale del SSN e, per quanto ci riguarda, dei dirigenti sanitari!
Si tratta di una previsione, contenuta nell’art. 3 comma 7 del recente D.L. 80/2021, che offende i professionisti della sanità pubblica: moltissimi si trovano da anni nell’impossibilità di riavvicinarsi alla famiglia; e comunque nefasta appare la scelta di imporre ad un giovane volenteroso, assunto a seguito di “mega” concorsi con possibile conseguente destinazione “qualsiasi” e “lontano da casa”, di continuare a lavorare in una sede diversa da quella che preferenzialmente potrebbe essere invece raggiunta, data la presenza, purtroppo ovunque, di carenze in organico con correlata presenza di posti verso i quali ben potrebbe essere esercitata la mobilità volontaria. Né d’altra parte a dette carenze, la cui diffusione è generale, si può ovviamente pensare di supplire efficacemente mediante la coercizione di qualsivoglia persona in un posto di lavoro, in presenza di altro posto preferibile e disponibile.
Non possiamo e non vogliamo credere ad una scelta che non troverebbe fondamento alcuno e risulterebbe discriminatoria in modo insopportabile. Siamo perciò fiduciosi nella volontà di codesti Ministri di prendere atto della negatività della norma in contestazione e ne sollecitiamo la tempestiva rettifica in occasione della Legge di conversione del decreto in questione; contestualmente auspicando anche la revisione, specie per il personale sanitario, almeno della clausola che consentirebbe di chiamare in causa l’infungibilità della funzione; la quale – per quanto già detto – rischierebbe di non garantire adeguata soluzione al problema in discussione.