Scoppia il caso dei licenziamenti collettivi. Il governo, infatti, ha deciso che le nuove regole sui licenziamenti si applicheranno sia ai licenziamenti individuali sia a quelli collettivi, cioè riguardanti almeno cinque lavoratori. Quest’ultima è una novità che ha fatto protestare tutti i sindacati, dalla Cgil alla Uil, che già avevano scioperato contro il Jobs Act, fino alla Cisl che invece non l’aveva fatto.
A questo punto non è escluso che la partita possa in qualche modo riaprirsi in Parlamento dove i due decreti delegati varati il 24 dicembre (sul contratto a tutele crescenti e sugli ammortizzatori sociali) arriveranno subito dopo la pausa natalizia per ottenere il parere non vincolante delle Commissioni competenti. Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, esponente di una delle minoranze Pd, ha chiesto esplicitamente di modificare quel passaggio. Il rischio politico è però alto perché se il governo dovesse venire incontro alle richieste che provengono da sinistra (secondo Stefano Fassina i decreti sul Jobs Act sono «un’altra tappa del mercantilismo liberista raccomandato dalla Troika») dovrebbe tener conto anche delle critiche dell’Ncd (sfidata da destra da Forza Italia e dalla Lega) che con Maurizio Sacconi ha parlato di «mancanza di coraggio delle grandi scelte». La destra, infatti, sosteneva la possibilità che il datore di lavoro potesse sempre optare per l’indennizzo monetario al posto del reintegro pagando di più, e chiedeva anche l’introduzione dello “scarso rendimento” tra i motivi del licenziamento economico. Le due richieste non sono passate.
Lo scontro ora si è spostato sui licenziamenti collettivi anche perché, in questo caso, è più evidente la disparità di tutela tra i vecchi assunti e i neoassunti. In estrema sintesi, se un’impresa ha bisogno di ristrutturarsi e di licenziare un certo numero di lavoratori, quelli assunti con le vecchie regole potranno ottenere il reintegro dimostrando l’illegittimità del loro licenziamento (violazione per esempio dell’accordo sindacale), mentre per i neoassunti non ci sarà alternativa all’indennizzo monetario. Ovvio che prima che scoppi un caso del genere ci vorrà un po’ di tempo. Secondo il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy, crisi come quella dell’Electrolux non si risolverebbero più salvando i posti di lavoro ma con «i lavoratori da licenziare scelti senza criteri equi e mandati a casa con una manciata di soldi».
Repubblica – 27 dicembre 2014