«Mi richiami tra 10 giorni e vedrà che i focolai saranno ben più di due, con relativi ricoveri in ospedale. Siamo trattati come carne da macello». Roberto Volpe, presidente veneto di Uripa (l’unione delle case di riposo), non usa giri di parole. La terza dose per gli anziani lui l’aveva chiesta oltre un mese e mezzo fa, con una lettera inviata il 27 luglio a Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Regione, ipotizzando già un autunno difficile. Invece, la decisione di portare a 12 mesi la validità del Green pass non solo allontana l’orizzonte della terza dose per gli ospiti. Ma c’è l’aggravante che le case di riposo veneziane — e venete, in generale — ancora non sono riuscite ad applicare il decreto legge che prevede la sospensione dei sanitari no vax, non avendo ricevuto gli elenchi dallo Spisal.
«Sono convinto che si farà, ma la decisione verrà presa a gennaio, quando ormai sarà troppo tardi». continua Volpe. «E allora si tornerà a dare addosso alle case di riposo». Nelle Rsa veneziane, il giro di immunizzazioni è iniziato a gennaio 2020, otto mesi fa. Gli esiti si sono visti velocemente: focolai spariti, ricoveri e decessi azzerati. Ma si teme che la copertura anticorpale, possa non essere più sufficiente a tenere il virus alla porta. Per il momento, nel Veneziano non si registrano focolai. Di recente erano risultati positivi due operatori, entrambi vaccinati, del Contarini alla Gazzera e della Casson a Chioggia, mai casi erano rimasti isolati. È diverso altrove: nell’Ipab di Cartigliano (Vicenza) ci sono 19 ospiti (di cui 3 non vaccinati) e sei dipendenti positivi e nella Rsa Sacro Cuore di Mezzane (Verona) le infezioni sono 14 tra gli anziani e cinque tra gli operatori (due no vax). Nel Trevigiano, invece, un anziano è risultato positivo perché, tornato a casa per una breve visita, è stato portato al mercato dai familiari. «Sono mesi che preannuncio la risalita dei contagi nelle Rsa, a fine estate, perché i parenti tornano a trovare gli anziani, dopo essere stati in vacanza. Si è voluto aprire dissennatamente alle visite: va benissimo, basta che poi non ci venga detto che è colpa nostra» aggiunge Volpe. C’è anche una seconda questione: nelle case di riposo continuano a lavorare i sanitari no vax. «Abbiamo inviato gli elenchi otto mesi fa. Tuttora lo Spisal non ci ha detto nulla: non sappiamo nemmeno il numero esatto degli operatori non vaccinati nelle nostre case di riposo. O meglio, ufficiosamente sappiamo chi sono, perché li abbiamo vaccinati noi, ma abbiamo le mani legate. Stimiamo siano intorno al 10% del personale totale, ma ci sono strutture in cui la percentuale è più elevata. Comunque, di ufficiale non c’è nulla. L’unica arma di cui continuiamo a disporre è quella dei tamponi. Ma li ripetiamo ogni 7 giorni, quindi è possibile che un operatore che viene individuato come positivo prima avesse lavorato nella Rsa anche per 3-4 giorni, da infetto». Ad aggravare la situazione è la carenza di personale, piaga che si aggrava di mese in mese. «Siamo costretti a tenere posti vuoti, perché mancano gli operatori per garantire il servizio» ammette Volpe. «Adesso si sono anche bloccati i flussi dai Paesi extra Ue, vista la mancata approvazione della proroga della scadenza delle assunzioni al 31 dicembre. Intanto, con il Pnrr sono stati stanziati quattro miliardi per l’assistenza domiciliare e neanche un euro per le case di riposo. Siamo stati abbandonati da tutti» conclude
Il Mattino di Padova