Quanta confusione sotto il cielo del centrodestra in Veneto. Dopo il ritorno in Forza Italia degli assessori Giorgetti, Donazzan, Coppola e Chisso (ma quest’ultimo dice di non essersene mai andato), del capogruppo Bond e del suo vice Cortelazzo, ieri a Palazzo Ferro Fini si è celebrata un’accesa riunione tra le macerie del Pdl per stabilire il da farsi, non solo politicamente, ma anche quanto a spazi vitali e, soprattutto, finanziamenti pubblici.
Dopo l’addio a fine novembre di Padrin, Sernagiotto, Bendinelli e Mainardi, infatti, il budget del gruppo berlusconiano è già sceso da 133 mila a 103 mila, ed ora è destinato a calare ulteriormente perché lo scenario che va delineandosi è quello di tre pattuglie distinte: il Nuovo Centro Destra di rito alfaniano, di cui sarà capogruppo quasi certamente il veronese Giancarlo Conta, la prima Forza Italia, di cui è speaker Padrin, e la seconda Forza Italia (ma forse sarebbe meglio chiamarla «An 2, la vendetta»), guidata dal consolato Bond-Cortelazzo.
Un caos politico, prima che organizzativo, confermato dalle riserve della Coppola («Prima di aderire definitivamente a Fi devo confrontarmi con il territorio»), dalle puntualizzazioni della Donazzan (quattro tweet ieri, con rimandi al suo sito, per spiegare perché «la fiaccola della destra può restare accesa» solo con Berlusconi), dalle resistenze lessicali di Bond e Cortelazzo (che nei comunicati ancora prediligono la dicitura del morituro Pdl). Se a questo aggiungiamo la nota di un altro ex An, Moreno Teso, che ieri ha fatto sapere di aver avuto dai suoi sostenitori («I 300», come gli spartani) «pieno mandato a trattare con i nuovi gruppi», pare di stare all’Ata Hotel col calciomercato.
Tant’è, all’ovvia soddisfazione del coordinatore regionale di Fi Marco Marin («Ci rafforziamo sul territorio») e di Padrin, che non pare affatto infastidito dalla preventiva presa di distanza dei neo forzisti («Intanto c’è stata l’adesione al progetto e questo è un bene, per i gruppi vedremo, è un fatto puramente tecnico che non mi pare ostacolato dai rapporti personali, tutti buonissimi») fa da contraltare l’irritazione degli alfaniani veneti, che finora avevano controbilanciato l’inferiorità numerica tra i parlamentari con lo strapotere in consiglio regionale: «Ho saputo di questa operazione dai comunicati stampa – chiosa il vice governatore Marino Zorzato -. Mi pare che nella scelta di questi amici ci sia poco di politico e molto di calcolo. Perché non costituire un gruppo unico con Padrin? Forse perché si deve preservare il posto di qualcuno? E perché fino a ieri andavano dicendo “Mai in Forza Italia” e adesso ci vanno di corsa? E quelli convinti che “Berlusconi è morto e sepolto”? Li ritrovo lì. Amen. Spiace solo che si sia tentato di sacrificare una buona legge come il Piano Casa per trovare il pretesto per la rottura». Per inciso: in Fi si sussurra con insistenza che dietro i fatti di questi giorni ci sarebbe una ripicca, con molto di personale, di Niccolò Ghedini proprio contro Zorzato: «Ai nuovi arrivati è stato promesso di tutto» commenta amaro un fedelissimo berlusconiano e, con lui, sono parecchi quelli che guardano stupefatti ai tappeti rossi srotolati sotto i piedi di chi ha tentennato. «C’è chi fa scelte di cuore e chi fa scelte di convenienza – sospira il presidente del consiglio, Valdo Ruffato – almeno ora si è fatta chiarezza. Meglio soli che male accompagnati». Ripercussioni sulla tenuta della maggioranza? Il governatore Luca Zaia, per l’ennesima volta, rassicura tutti: «Cambia l’ordine dei fattori, non il risultato». Almeno fino al 2015.
Marco Bonet – Corriere Veneto – 31 gennaio 2014