Il Governo non impugna la legge veneta sulla scuola ma Regione Veneto e ministero sull’Istruzione sono riusciti a litigare anche sulla mancata contestazione davanti alla Consulta. Ieri mattina il Consiglio dei Ministri ha infatti deciso di non portare davanti alla Corte Costituzionale la legge sulla scuola adottata dal consiglio Regionale lo scorso 31 marzo e con l’aria di litigiosità che spira tra Palazzo Chigi e Palazzo Balbi, la rinuncia del premier Paolo Gentiloni a contestare l’ennesima legge del Veneto davanti ai giudici era suonata come una piacevole variazione sul tema.
Un primo passo verso l’autonomia, si era congratulata l’assessore all’Istruzione Elena Donazzan. Una dimostrazione che il Veneto le leggi sa scriverle bene, aveva chiosato il governatore Luca Zaia. Ma in serata è arrivato il ministro all’Istruzione Valeria Fedeli a smorzare gli entusiasmi. «Il governatore Zaia sa bene che la legge sull’istruzione del Veneto va modificata perché presenta profili di illegittimità costituzionale – ha rintuzzato – e se oggi il Consiglio dei Ministri non l’ha impugnata è solo perché lo stesso Zaia si è impegnato con una lettera inviata a me e al ministro per gli Affari regionali ad apportare le modifiche richieste dal Miur». Una doccia gelata sulle dichiarazioni di qualche ora prima del governatore, che aveva parlato di «obiettivo riconoscimento alla nostra capacità di fare buone legge, di scriverle bene e di saper esercitare bene le prerogative regionali nell’ambito delle competenze che la Costituzione ci affida» e dell’assessore Donazzan («Con questa riforma anticipiamo l’autonomia che verrà. E il governo non ha potuto che prenderne atto»).
Il ministro spiega invece che la legge ha problemi di legittimità costituzionale perché viola le competenze dello Stato istituendo una anagrafe regionale degli studenti non coordinata con quella nazionale; indicando in tre e quattro anni la durata delle superiori mentre a livello nazionale sono cinque; sono problematiche anche la determinazione dei criteri di certificazione dei titoli e dei crediti per i passaggi all’interno della formazione professionale e fra questa e le scuole statali, la definizione a livello regionale degli obiettivi di competenza linguistica straniera e la valutazione del sistema scolastico regionale. «La Regione Veneto ha detto che interverrà con le modifiche richieste dal ministero: c’è agli atti la lettera firmata da Zaia», assicura Fedeli.
Nella lettera datata 31 maggio il governatore Zaia riferisce che sottoporrà al consiglio Regionale «una rivisitazione di detti articoli in modo da superare le ambiguità del loro testo e le conseguenti perplessità in ordine alla loro costituzionalità» ed elenca le modifiche. Saranno apportate, dice, al primo comma dell’articolo 7 sull’anagrafe degli studenti, al 10 si inseriranno anche i cinque anni di superiori, un paio di commi dell’articolo 11 sui piani di studio saranno riformulati e il 23 sarà riscritto in modo da specificare che la valutazione sul sistema scolastico italiano sarà un osservatorio regionale, non una giuria. «Le proposte di modifica del ministero sono state facilmente colte e rese operative dalla Regione perché evidentemente di scarsa rilevanza», ribatte Donazzan. Apportare le correzioni spetta al consiglio Regionale, che non ha ancora deliberato in tal senso.
Il Corriere del Veneto – 7 giugno 2017