Repubblica. È la manovra aggrappata ai titoli. Quelli di quattro emendamenti che il governo annuncia al Senato per provare a coprire i ritardi e contenere il malcontento delle opposizioni. Ma la strategia non regge. I testi non ci sono e quindi il voto in commissione Bilancio non può iniziare.
E così l’intestatario della mossa, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, non può fare altro che presentarsi alla riunione dei capigruppo e chiedere di rinviare l’approdo in aula della Finanziaria. Per la terza volta in un mese. La nuova data è il 18 dicembre. Eccola l’immagine plastica di un pantano che può sfociare in uno scenario ancora più catastrofico: l’emiciclo di Montecitorio riaperto nel mezzo delle vacanze natalizie, tra il 27 e il 30 dicembre, per il via libera definitivo. A ridosso del precipizio dell’esercizio provvisorio. Un danno d’immagine enorme per Giorgia Meloni,che puntava a incassare l’ok definitivo della Camera entro metà dicembre, al massimo entro il 23, grazie alla blindatura degli “zero emendamenti” della maggioranza. E invece in Parlamento è buio pesto. Tanto che qualche ora dopo l’annuncio delle modifiche, dentro la maggioranza montano i dubbi sull’impostazione scelta da Ciriani. La critica: sarebbe stato più opportuno aspettare i testi, quindi la conclusione del lavoro dei tecnici della Ragioneria, al Mef, evitando così un effetto boomerang. Per ora ci sono solo i titoli. Quello più atteso riguarda le pensioni dei dipendenti pubblici, a correzione del taglio che in vent’anni colpisce fino a 732 mila assegni. «Si interverrà sulla revisione dei criteri di calcolo delle pensioni del personale sanitario», annuncia Ciriani. Il Pd insorge. «Continueranno a penalizzare gli insegnanti e tutti gli altri dipendenti pubblici», accusa il capogruppo Francesco Boccia. Poi il ministro si corregge: «Non ci saranno penalizzazioni per le pensioni di vecchiaia, mentre per il comparto sanità sarà previsto anche un ulteriore meccanismo di tutela». L’ipotesi allo studio prevede il salvataggio di tutti i lavoratori pubblici che maturano i requisiti, sia di vecchiaia che per l’uscita anticipata, entro il 31 dicembre di quest’anno.
Esclusi dal taglio anche chi, dal 2024, andrà in pensione di vecchiaia a 67 anni. Il meccanismo aggiuntivo per i medici e gli infermieri ruota intorno al décalage: uno sconto sulle pensioni anticipate, con tagli che si riducono, fino ad azzerarsi al raggiungimento dei 67 anni. Nel pacchetto degli emendamenti anche le risorse per il rinnovo dei contratti delle forze armate e di polizia e un fondo per le Regioni penalizzate dalla delega fiscale (rinnovo delle trattenute Irpef): i fondi saranno impiegati anche contro il caro energia. Cambia il finanziamento del Ponte sullo Stretto, con una rimodulazione delle spese sostenute dallo Stato e dagli enti locali. Altre modifiche, al decreto Anticipi che affianca la manovra. Caos in commissione, tra pause e pareri che non arrivano. E nella confusione si intrufola la “manina” di Claudio Lotito, che spinge la proroga dei termini già scaduti delle prime due rate della rottamazione quater. Un condono quello proposto dal senatore di Forza Italia, denunciano le opposizioni. È la manovra dei veleni e dei ritardi.