di Claudio Maria Maffei. Il rilancio del Ssn ha bisogno tanto di principi fondanti da rilanciare (come quella di rilanciare il capitale umano) che di proposte capaci di entrare nel dettaglio dei modi con cui quel rilancio può avvenire. Il tema della programmazione del personale, e quindi della determinazione del suo fabbisogno, mi pare costituisca al riguardo un buon esempio.
Se uno dovesse tentare un elenco degli interventi che solo nell’ultima settimana hanno richiamato l’attenzione di addetti e di cittadini sulle carenze di personale nel Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) e la relativa necessità di colmarle a partire dalla rimozione del tetto di spesa, non avrebbe che l’imbarazzo della scelta. Ne ha ad esempio parlato ieri su Qs con la consueta efficacia la Fondazione Gimbe nel “festeggiare” con amarezza i 45 anni del nostro Ssn , Fondazione che ha così sintetizzato la questione del personale sanitario nel “manifesto” con il Piano di rilancio del Ssn riportato nel suo documento: “rilanciare il capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare la colonna portante del Ssn: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformare i processi di formazione, valutazione e valorizzazione delle competenze secondo un approccio multi-professionale.” Giustissimo.
Magari si potrebbe aggiungere “rendere il Ssn attrattivo per i professionisti in tutte le Regioni a partire da quelle con maggiori difficoltà nella erogazione del Lea”, ma la sintesi che fa sul personale la Fondazione Gimbe è assolutamente condivisibile. Solo che c’è un problema, ammesso e non concesso (affermazione del grande Totò certificata dalla Accademia della Crusca) che ci sia la volontà politica di investire sul personale del Ssn rimane il problema tecnico oltre che politico di come farlo. E qui viene fuori quello che mi pare spesso un limite del dibattito tra gli addetti sulle misure di rilancio del Ssn: si sancisce un principio da tutti riconosciuto come “sacrosanto”, ma è difficile fare proposte concrete per renderlo operativo. Ovviamente il problema non è dell’ottima Fondazione Gimbe, ma di tutto il mondo che si occupa di sanità. Prendiamo come esempio uno dei punti toccati a proposito del personale dal citato manifesto: “ programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari”.
Se facciamo una rapida ricerca in rete usando le parole “fabbisogno di personale Quotidiano sanità” vediamo come non compaia quasi nessun intervento pubblicato qui su Qs sul tema nell’ultimo anno. L’ultimo, anzi penultimo come vedremo più avanti, è un mio intervento di esattamente un anno fa (il 19 dicembre 2022) dal titolo “Ma Agenas e Ministero della Salute si parlano” in cui commentavo il Decreto del Ministero della Salute e di quello della Economia e Finanze appena uscito in bozza con il nuovo metodo di calcolo dei fabbisogni di personale messo a punto dall’Agenas allo scopo di consentire in via sperimentale alle Regioni di superare il tetto di spesa del personale del Servizio Sanitario Nazionale per un importo pari al 5% dell’incremento del Fondo Sanitario. Questo Decreto affermava che le Regioni avevano recentemente riorganizzato l’offerta di salute sulla base dei criteri del DM 70/2015 e che per questo i provvedimenti regionali attuativi del Decreto andavano applicati (e valutati) alle sole reti ospedaliere allineate agli standard del DM 70. Siccome questo allineamento il Ministero non lo verifica, o non lo verifica in modo sistematico, mi chiedevo appunto se Agenas fosse stato informato al riguardo.
Il metodo di determinazione proposto in quella bozza di Decreto (approvata con l’Intesa in Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2022 e poi trasformata in Decreto il 9 gennaio 2023) doveva essere un riferimento importante per il dibattito sulla politica del personale nel e del Ssn ed essere usato ad esempio per rimettere in discussione il tetto di spesa del personale allora e tuttora vigente. Il metodo cercava di superare i limiti di un primo documento Agenas sulla metodologia di valutazione dei piani di fabbisogno del personale, applicabile a tutte le Regioni e approvata dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in data 20.12.2017. In questo documento dal titolo Metodo per la determinazione del fabbisogno di personale ospedaliero , alla cui stesura aveva provveduto un gruppo di lavoro ristretto (composto da rappresentanti delle regioni Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Lazio e Puglia), mancava la parte relativa al territorio invece inclusa nel Decreto del 9 gennaio scorso. Con l’Intesa prima e il Decreto poi venivano approvati l’Allegato A (con una nuova versione del Metodo per la determinazione del fabbisogno di personale ospedaliero e il Metodo per la determinazione del fabbisogno di personale operante in ADI) e l’Allegato B con gli Standard per l’assistenza territoriale dei servizi salute mentale adulti, dipendenze patologiche, neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e salute in carcere.
Dalla approvazione di quel Decreto è uscito qui su Qs il 13 gennaio un solo intervento di Fabrizio Starace, Presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP), con un commento molto ben fatto sull’Allegato B e in particolare sull’area della salute mentale. Per il resto nessun commento e nessun rapporto da una verifica sul campo del metodo di determinazione del fabbisogno di personale messo a punto da Agenas. E pensare che osservazioni ce ne sarebbero molte da fare. Ritengo infatti che sul piano metodologico il documento abbia il merito di dare comunque un punto di partenza allo sviluppo della tematica del fabbisogno, ma presenti i seguenti limiti:
fa il contrario di quello che il responsabile del Progetto della Unione Europea Heroes coordinato dall’Agenas dichiara in una intervista rispondendo alla domanda “perché è così difficile la programmazione del personale sanitario?” e cioè che “Uno dei nodi principali è che si tende sempre a lavorare per silos: ospedale da una parte, territorio dall’altra; sanitario da una parte, sociosanitario da un’altra e così via per le professioni, medici e dall’altra infermieri.” Il modello Agenas è invece ancora proprio per silos come si vede ben in una presentazione del modello Agenas di determinazione del fabbisogno di personale del SSN;
mancano in ogni caso criteri da adottare in molte altre aree su cui magari ci sono lavori in corso come i Dipartimenti di Prevenzione e la residenzialità socio-sanitaria;
non prende adeguatamente in considerazione la grandissima variabilità presente all’interno del sistema in termini di programmazione dell’offerta, modelli organizzativi e ruoli professionali;
anziché abbracciare la complessità del tema del fabbisogno cerca di trasformarlo in un problema complicato affrontabile con algoritmi ben costruiti. Di conseguenza fornisce (per le aree prese in considerazione) i criteri per una stima puntuale del fabbisogno piuttosto che gli strumenti per “navigare” nel processo in evoluzione continua della politica del personale nel SSN.
Vi sono poi alcune questioni importanti che il modello Agenas mi pare per sua natura non affronti relativamente all’influenza del rapporto pubblico/privato, alla determinazione del fabbisogno di personale non sanitario, che pure ammonta al 25% del totale del personale dipendente (dati 2021) e partecipa a pieno titolo con un ruolo significativo nella evoluzione dei modelli assistenziali, e alla programmazione del personale convenzionato.
Insomma, il messaggio è che il rilancio del Ssn ha bisogno tanto di principi fondanti da rilanciare (come quella di rilanciare il capitale umano) che di proposte capaci di entrare nel dettaglio dei modi con cui quel rilancio può avvenire. Il tema della programmazione del personale, e quindi della determinazione del suo fabbisogno, mi pare costituisca al riguardo un buon esempio.
E infine: auguri a tutti!
Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche