di Lorenzo Salvia. Ci sono 10 mila persone che non riescono ad andare in pensione per colpa di 65 euro. Un piccolo contributo per la gestione della pratica sul quale stanno litigando l’Inps e le casse previdenziali private, quelle che pagano la pensione a 2 milioni di professionisti, dagli avvocati agli architetti. Nelle ultime ore la lite si è trasformata in guerra di posizione. E c’è il rischio che il tutto finisca in tribunale. Perché le vittime di questa storia hanno già pronto un esposto da presentare alla Procura di Roma, sostenendo che le due trincee scavate sul fronte configurino il reato di omissione o ritardo degli atti d’ufficio.
La storia riguarda il cumulo gratuito, cioè la possibilità di sommare i contributi versati a enti diversi, l’Inps e le casse previdenziali private, per avvicinare il momento della pensione. Una misura pensata per le carriere «spezzate», quelle di chi ha lavorato come avvocato, ad esempio, ma anche come dipendente e quindi si è costruito due pensioni diverse. Il cumulo è sempre stato possibile ma finora era a pagamento. E il conto era così salato, in alcuni casi i contributi già versati andavano pagati di nuovo, da rendere di fatto la strada impraticabile.
Dall’inizio del 2017 il cumulo è gratuito. Nel primo anno erano previste 10 mila domande anche se finora, visto lo stallo, ne sono arrivate meno di un migliaio. Il guaio è che quella possibilità è rimasta sulla carta, perché l’Inps e le casse dei professionisti non si sono messe d’accordo sulle procedure concrete da adottare. Fino al caso di queste ore. Il cumulo è gratuito ma la pratica ha comunque un costo, 65 euro di oneri di gestione. Secondo l’Inps, la somma va messa in conto «agli enti coinvolti nella liquidazione in misura proporzionale alle rispettive quote di pensione erogate». Un po’ per uno.
Secondo l’Adepp, l’Associazione fra le casse dei professionisti, invece i 65 euro dovrebbero essere a carico dell’Inps perché lo «Stato ha riconosciuto proprio all’Inps un maggior finanziamento che, a regime, raggiungerà l’importo di 89 milioni di euro all’anno». L’Inps ribatte che quel finanziamento non serve a gestire le pratiche ma a coprire i «maggiori oneri di spesa previdenziale», cioè le pensioni in più da pagare. Le casse rispondono dicendo no a quella che chiamano «tassa Boeri». E via così in un crescendo di accuse incrociate che ha fatto perdere di vista il motivo del contendere, allontanando la soluzione.
Per questo il comitato creato da alcuni professionisti interessati al cumulo ha preparato un esposto alla Procura di Roma in cui si parla di omissione o ritardo negli atti d’ufficio. Se non ci saranno novità, lo depositeranno domani.
In campagna elettorale si è parlato tanto di modifiche alla legge Fornero, ogni partito ha lanciato la sua proposta anche in modo creativo. Per mandare in pensione quelle 10 mila persone non serve una riforma. Bastano 65 euro. E un po’ di buon senso.
Il Corriere della sera – 21 marzo 2018