Ape sociale rinnovata ancora per un anno ed estesa anche ai lavoratori fragili, più esposti all’infezione da coronavirus. Opzione donna pure allungata per un anno e con una novità importante: le lavoratrici potranno cumulare contributi versati in gestioni differenti (dipendenti e separata, ad esempio). Pil negativo del 2020 (- 9 o – 10%) sterilizzato: non peserà sugli assegni del futuro. Il pacchetto pensioni da inserire nella prossima legge di Bilancio del 20 ottobre prende forma. Ne hanno discusso ieri i sindacati con la ministra Nunzia Catalfo. Un pacchetto mini: peserà forse appena 200 milioni. Ma tutto orientato alla flessibilità in uscita.
Ci sono appunto l’Ape sociale: uscita a 63 anni con 30 o 36 di contributi, riservata a lavoratori in difficoltà perché disoccupati, malati o impiegati in mansioni pesanti. E dal 2021 anche “fragili” al Covid: per loro possibile anche quota 41, se precoci (con un anno lavorato prima dei 19 di età). I disoccupati rientreranno senza eccezioni, anche quelli non titolari di sussidio Naspi. E i codici Istat per identificare i lavori gravosi saranno rivisti: oggi un macchinista di treno può chiedere l’Ape, quello della metropolitana no.
C’è Opzione donna: uscita a 58-59 anni (a seconda se dipendenti o autonome) con 35 di contributi, ma assegno ricalcolato col metodo contributivo e di fatto tagliato. C’è anche la revisione del contratto di espansione (esteso alle imprese sotto i 500 dipendenti) e dell’isopensione: due strumenti per anticipare l’uscita che il governo vuole rilanciare per consentire alle imprese di gestire gli esuberi al termine del blocco dei licenziamenti. Per funzionare davvero hanno bisogno però di incentivi. I sindacati propongono una staffetta con la Naspi.
Strumenti utili anche in chiave di staffetta generazionale, sebbene la ministra Catalfo preferisca puntare sul part-time negli ultimi anni di un lavoratore senior: meno ore, parziale anticipo della pensione e contributi figurativi, così da favorire l’ingresso di giovani.
In manovra dovrebbe poi trovare soluzione la questione degli impieghi a “part-time verticale ciclico”, soprattutto lavoratrici in settori che alternano periodi di attività a mesi di sospensione: turismo, ristorazione, imprese stagionali (agroalimentari, ad esempio quelle del panettone). La Corte europea di Giustizia ha scritto in una sentenza del 2010 che non ci può essere discriminazione tra part-time verticale (alcuni mesi all’anno) e orizzontale (poche ore, tutti i giorni dell’anno) a parità di tempo lavorato. Perché così facendo si erode il diritto alla pensione: chi lavora 9 mesi ne perde 3 di contribuzione e allunga l’uscita anche a 70 anni. Per avere 20 anni di anzianità occorre lavorarne 23. Questa stortura sarà corretta: un anno di lavoro conterà per un anno, 52 settimane, ai fini dell’anzianità.
Convitato di pietra è Quota 100. Il tavolo di ieri aveva all’ordine del giorno la riforma delle pensioni: è stato all’ultimo cambiato. Si è parlato dunque solo di legge di Bilancio. Anche perché Quota 100 è ancora in vigore per tutto il 2021. In verità, non c’è accordo po litico in maggioranza sul dopo Quota 100. Così hanno chiesto a Catalfo di non occuparsene. Per ora.