Allarme criminalità. L’ampio fenomeno del caporalato crea i presupposti per una concorrenza sleale che mette in difficoltà le imprese che operano invece rispettando le regole. Inoltre l’operato della criminalità organizzata in agricoltura finisce spesso per compromettere in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti adobestock
Come la pandemia non è finita, non si sono neppure esauriti i suoi effetti negativi. Anzi la crisi economica che con i prolungati lockdown ha penalizzato alcuni settori in particolare rischia adesso di farli sprofondare sempre più nelle mani della criminalità organizzata.
È l’allarme lanciato dalla Coldiretti e dall’Osservatorio Agromafie che hanno ribadito proprio in questi giorni come dai campi ai supermercati e soprattutto fino ai ristoranti il settore agroalimentare, già da tempo comparto prioritario di investimento da parte della malavita, rischia di vedere rafforzato, per effetto della pandemia, questo interesse insieme al trend di crescita del fatturato agrocriminale che ha già raggiunto quota 24,5 miliardi di euro.
Nel corso dei duri mesi del lockdonw le imprese agricole e agroalimentari hanno continuato a funzionare per assicurare i rifornimenti di beni alimentari i supermercati e i cittadini. Un aspetto che ha rafforzato la strategicità del settore agroalimentare (e di quello distributivo) sia agli occhi dei cittadini che a quelli della criminalità organizzata.
«La criminalità comprende la strategicità del settore – spiegano alla Coldiretti – perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società e condizionare la via quotidiana. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. L’ampio fenomeno del caporalato ad esempio crea i presupposti per una concorrenza sleale che mette in difficoltà le imprese che operano invece rispettando le regole. Inoltre l’operato della criminalità organizzata in agricoltura finisce spesso per compromettere in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy».
«Il quadro dell’economia, sia in generale sia nel campo agroalimentare, anche prima del Covid appariva già di per sé problematico in relazione alle infiltrazioni mafiose – ha aggiunto il presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie, Gian Carlo Caselli -. E temiamo che questa situazione dopo il flagello del virus possa aggravarsi. Molte attività che la pandemia sta mettendo in ginocchio rischiano di chiudere o faranno una gran fatica a riprendere. Si aprono così nuove opportunità ai mafiosi. Occorre pianificare per tempo forme efficaci di contenimento che incidano sul primo manifestarsi degli appetiti mafiosi. La strada giusta è quella praticata, ad esempio, dalla Direzione centrale della Polizia Criminale, istituendo un Organismo permanente di monitoraggio che sta funzionando egregiamente».
Nel mirino sono come è evidente i ristoranti, che nel corso dell’emergenza Covid sono stati a lungo costretti alla chiusura con gravissimi danni economici che non sono certo stati risolti dagli aiuti stanziati dal Governo. Molte imprese sono rimaste inghiottite da una gravissima crisi di liquidità. Secondo l’analisi di Coldiretti e Osservatorio Agromafie sono oltre 5mila i ristoranti già finiti nelle mani della criminalità, con un’accelerazione del fenomeno impressa dalla pandemia. Molti imprenditori sono esposti al rischio usura e alla cessione delle attività alla malavita.
Ma punti sensibili per le infiltrazioni mafiose non sono solo nella ristorazione ma lungo l’intera filiera agroalimentare e coinvolgono dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta alle imprese dell’indotto (che spesso sottostanno a estorsioni indirette come l’imposizione di cassette per l’imballaggio o di specifiche ditte di trasporto). «Senza dimenticare – dicono ancora alla Coldiretti – il livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste si produzione, stoccaggio e commercializzazione».
Le fasi di crisi ripropongono nell’attualità anche fenomeni criminali diffusi del passato nelle campagne come i furti di prodotti, macchinari ma anche di animali (abigeato). «Dalle arance alle olive, dai fiori agli ortaggi – spiegano ancora alla Coldiretti – nei campi si moltiplicano furti e razzie per un bottino stimato in circa 300 milioni di euro l’anno. Gli agricoltori sono vittime di ogni tipo di furto, dai prodotti agricoli alle attrezzature fino agli animali (si stima circa 150mila capi l’anno) che finiscono sulle tavole dei consumatori spesso passando dai canali della macellazione clandestina con scarse garanzie sotto il profilo della sicurezza alimentare. Si calcola – aggiungono alla Coldiretti – che il 15% delle domande di accesso al fondo antiracket e antiusura siano effettuate da agricoltori e allevatori. A questo va aggiunto il business dello smaltimento abusivo di rifiuti pericolosi che gli agricoltori subiscono sui propri terreni e che ha un valore stimato di circa 20 miliardi di euro l’anno e il fenomeno che va tristemente in scena ogni estate degli incendi: nel 2021 170mila ettari di bosco andati in fumo spesso per obiettivi criminali e speculativi».
«Tuttavia, gli ottimi risultati dell’attività di contrasto – ha sottolineato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare. L’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con una profonda e incisiva riforma dei reati agroalimentari».
Il Sole 24 Ore