Il valore della produzione ai prezzi di base del comparto suinicolo veneto nel 2022 è stato stimato dall’Istat in quasi 238 milioni di euro (+14,8%), nonostante la perdita produttiva del 3% (140 mila t) per la crescita delle quotazioni (+19%). Il numero di capi macellati di origine veneta è stato di 779 mila unità (-2,5%). Gli allevamenti con finalità da reddito all’ultimo censimento della BDN e con capi presenti erano 1.4302 unità, con un carico complessivo di 714 mila capi e quelli registrati nella filiera DOP/IGP risultano 280 (-1,7%), ma con conferimenti si fermano a 146 con 492 mila capi.(+0,4%).
Il valore della produzione ai prezzi di base del comparto suinicolo veneto nel 2022 è stato stimato dall’Istat in 238 milioni di euro, in aumento del 14,8, nonostante la perdita produttiva. Ciò perché sono aumentate le quotazioni degli animali da macello. La quantità contabilizzata dall’Istat è scesa del 3% pari a 140mila tonnellate, in linea col dato nazionale che è diminuito del 2,8%. Il Veneto mantiene la quarta posizione col 6,9% della produzione totale nazionale, dietro alla leader assoluta Lombardia, all’Emilia-Romagna e al Piemonte. Le province venete dove si concentra la produzione sono Verona, che detiene circa 1/3 del totale, seguita da Treviso (20%) e Padova (17%).
La produzione nazionale (Istat-dati macellazioni), che rimane fortemente condizionata da quella lombarda (pari a circa il 50% del totale) ed emiliana, vede un calo dei capi macellati del 5,4%, pari a 10,3 milioni di cui grassi 9,7 milioni. Diminuito anche il peso vivo del 6,4% e ancor di più il peso morto 7,2%, sia per il calo del peso medio a capo che per la resa al macello.
Secondo i dati disponibili in BDN, il numero di capi macellati di origine veneta nel 2022 è stato di quasi 779mila, di questi solo il 21,7% è stato macellato in Veneto, mentre il 33% in Lombardia e il 27,8% in Emilia-Romagna. Rispetto all’anno prima c’è stato una diminuzione delle macellazioni del 2,5%, con i grassi che sono arrivati a 689mila (-2%)%.
Secondo l’indagine Istat sul patrimonio zootecnico al 1° dicembre, in Veneto erano presenti circa 733milasuini (+4,1%), aumento dovuto soprattutto ai suinetti sotto i 20 kg (+10,2%), e magroni (+5,1%), mentre i grassi sono rimasti sui livelli del 2021, poco più di 109mila (+0,9%).
Le statistiche BDN danno in Veneto circa 8.300 allevamenti registrati. Di questi i familiari sono 6.251 con un carico complessivo poco rilevante ai fini della produzione. Dei rimanenti si ricava, escludendo quelli senza carico all’ultimo censimento, che a fine anno erano attivi 1.402 allevamenti con un carico di 714mila capi (poco meno dell’anno prima), quelli da ingrasso erano 1.233 (-2,4%), da riproduzione a ciclo aperto erano 62, 105 e 61 a ciclo chiuso, senza particolari variazioni. Il rispettivo carico risultava per gli allevamenti da ingrasso di 390mila capi, di cui 159mila grassi, 114mila lattonzoli e altri 113mila tra magroncelli e magroni. Per gli allevamenti a ciclo aperto il carico risultava di 16mila grassi, 37mila tra magroncelli e magroni e 111mila di lattonzoli con 36mila scrofe. Infine a ciclo chiuso abbiamo 22mila da ingrasso, 39mila tra magroncelli e magroni e 43mila lattonzoli con 9.500 scrofe.
Le province che primeggiano per numero di allevamenti aperti con capi e numero di capi presenti al 31 dicembre sono Treviso con 365 allevamenti (-7,4%) e circa 148mila capi (+12,2%), segue Verona con 268 allevamenti (-9%) e circa 311mila capi (-0,3%, con maggiore presenza di capi da rimonta) seguono distanziate Padova con 244 allevamenti e 105mila capi (stabile), Vicenza con 239 allevamenti (stabile) e 36mila capi (-25%), mentre rimangono marginali le altre province.
Gli allevamenti veneti inseriti nella filiera DOP/IGP risultano essere 280 (-1,7%), pari al 7,6% del totale nazionale (3.690 allevamenti). Di questi, 146 (-0,7%) hanno conferito suini grassi certificati pari a 492.051 capi (+0,4%), circa il 6,2% del totale italiano che ammonta a poco più di 7,8 milioni di capi (-4,8). Le cosce omologate per il prosciutto Veneto Berico-Euganeo sono state 54.859 (-22%), mentre sono stati certificati 82.621 prosciutti finiti (-4,6%).
Sul fronte della bilancia commerciale, tenendo presente la nostra forte dipendenza dall’estero pari a quasi il 40%, risulta un leggero peggioramento del saldo delle carni suine in quantità che aumenta di quasi il 4%, dovuto ad una leggera crescita delle importazioni (+1,6%) e una caduta delle modeste esportazioni (-22,5%). Mentre tiene l’importante comparto delle preparazioni e conserve suine. In termini di valore il saldo negativo per le carni suine sale di molto (+35,4%), ma tiene positivamente quello delle preparazioni e conserve suine (+7,9%), grazie ai prosciutti, speck, culatelli (+7,8%).
Per quanto riguarda le quotazioni di mercato, il 2022 segna un notevole rialzo dei prezzi dei suini da macello (quotazioni CUN) rispetto ai due anni precedenti. Già nel 2021 vi era stato un buon recupero medio del 9% sul 2020, grazie all’ultimo trimestre. Il 2022 ha continuato il trend di crescita durante tutto l’anno fino a toccare quotazioni inusuali come i 2,07 euro/kg (categoria 160-176 kg) di ottobre. La media annua è risultata di 1,78 euro/kg, pari ad aumento medio del 19% sul 2021. Tali quotazioni sono dipese solo in minima parte dalla maggiore richiesta e scarsa disponibilità, ma sono la risposta all’aumento dei costi di produzione (+30% tra inizio e fine anno). Infatti nello stesso periodo sono aumentati, più o meno dello stesso ordine di grandezza, anche i suinetti da allevamento (tra il 17% e il 20% a seconda del peso). Tutto ciò ha condizionato favorevolmente l’andamento della ragione di scambio che ha realizzato un recupero positivo nel secondo semestre grazie al deciso rialzo delle quotazioni al macello.
Dati Veneto Agricoltura