Ivan Cavicchi. Se avessi potuto avrei votato contro il decreto sui vaccini approvato ieri dall’aula del Senato e se avessi potuto fare una dichiarazione di voto avrei detto più o meno le stesse cose che ha detto l’onorevole Romani del gruppo misto vale a dire che avremmo potuto evitare tutta questa gran cagnara semplicemente mettendo a punto un progetto obiettivo contro il morbillo.
Perché alla fine dati alla mano, come ho sempre detto sin dall’inizio, è questo l’unico problema serio che merita di essere considerato con determinazione.
In tutta sincerità non ho capito la decisione di Articolo 1, che pur aveva presentato contro il decreto del governo una proposta di legge seria, di votare a favore lasciando libertà di dissenso ai propri senatori.
Dopo il passaggio al Senato e dopo aver accantonato la tentazione del governo di mettere la fiducia il decreto è certamente migliorato nel senso che le sue parti più odiose (la revoca della patria potestà, le super multe) sono state superate, come pure sono diminuiti di due il numero dei vaccini obbligatori anche se il loro numero complessivo da 12 è passato a 10 (quattro quelli raccomandati). Importante inoltre è la battaglia vinta dal M5S sul vaccino monodose anche se è stato sancito un vincolo di compatibilità finanziaria («solo nei limiti delle possibilità del Servizio sanitario nazionale»).
Ancora per il suo significato politico prima ancora che epidemiologico va menzionata la possibilità di revocare a tre anni l’obbligatorietà di alcuni vaccini (anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella) sulla base dei dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte. Si tratta quindi di una obbligatorietà relativa alle vere necessità profilattiche e soprattutto alla valutazione degli esiti. La documentazione vaccinale rimane requisito di accesso solo per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ma non per gli altri gradi di istruzione. Previsti, infine, indennizzi per i danneggiati dalle vaccinazioni. Finalmente il governo ammette la realtà degli effetti collaterali.
Queste modifiche ed altre dimostrano che la battaglia contro il decreto non solo era giusta ma sacrosanta. Essa ha svelato tutta la malafede di un governo non certo amico dei nostri figli che ha tentato di ingannarci con false epidemie e false urgenze, preoccupato prima di ogni cosa di rispettare accordi economico-industriali o interessi riconducibili ad una tecnocrazia sanitaria con ambizioni smisurate. Un governo che ha usato la salute dei nostri figli come retorica ma senza mai, ripeto mai, dimostrare per essi una vera preoccupazione, quella che al contrario dimostrano i genitori scesi in piazza a protestare. Con questo decreto restiamo comunque il primo paese al mondo che a regime inocula ai nostri figli una batteria di vaccini senza precedenti e senza sperimentazione preventiva, cioè senza disporre di un sistema di farmacovigilanza che ci garantisca.
Con questo decreto (spalleggiato supinamente dai medici che hanno perso una magnifica occasione per riconquistare la fiducia persa tra la gente), il governo ha dimostrato di non credere nei propri cittadini, di non credere che sia possibile coniugare le libertà personali con la responsabilità e che in ragione di ciò considera i giovani genitori come degli incoscienti degli irresponsabili da sottoporre ad obbligazioni degne della peggior inquisizione.
Un decreto che si è servito di una scienza servile, soprattutto quella delle istituzioni pubbliche pronta a confezionare l’evidenza scientifica più comoda a suoi scopi strumentali, tradendo lo spirito critico della vera scienza con in più un ministro alla salute che considera la libertà di cura, il consenso informato, la partecipazione sociale anti-scienza ignorando ahinoi che l’idea di scienza che le hanno messo in testa ormai dalla scienza del terzo millennio non è più ammessa. La scienza signora ministra non è l’evidenza scientifica e l’evidenza scientifica non è una verità dogmatica, ma è il dialogo tra più verità, tra generi diversi di verità. La scienza è il governo delle tante razionalità.
Per tutte queste ragioni ed altre avrei votato contro il decreto pur ribadendo il valore indiscutibile dei vaccini, pur credendo senza riserve nella funzione sociale della profilassi, pur apprezzando le modifiche non svalutabili ottenute in senato.
Alla fine questo decreto resta un pastrocchio, senza coperture finanziarie credibili per fare farmacovigilanza e formazione sociale, senza una strategia culturale in grado di dare corpo ad una alleanza tra medicina e società, senza un programma credibile di ricerca sugli effetti collaterali, resta solo un odioso obbligo. Una politica che per fare salute si serve solo dell’obbligo è una politica che non sa convincere e che si merita per intero la sfiducia di cui è oggetto.
Il Manifesto – 21 luglio 2017