Con il Vaccine Day, si è dato il via alla campagna di vaccinazione. Servizi televisivi sul viaggio dei primi vaccini hanno accompagnato le feste. Ma non è il giorno di inizio della vaccinazione quello più importante: è il giorno in cui l’ultima persona sarà vaccinata. L’Italia è il Paese che ama la posa della prima pietra, il taglio del nastro, l’inaugurazione in pompa magna, la bottiglia di champagne per il varo della nave. Poi, spente le luci della ribalta, nessuno sa come prosegue. Per effettuare le vaccinazioni erano necessari i padiglioni “primula”, la cui forma si vedrà solo dall’alto? Non è solo e tanto questione di costo, ma di inutili orpelli a cornice di un trattamento sanitario. E dietro tutto questo, sempre lui: il commissario Arcuri.
Vitalba Azzollini, DOMANI. Finalmente è arrivato il 27 dicembre, il Vaccine Day, e in tutta Europa si è dato simbolicamente il via alla campagna di vaccinazione, anche se Germania, Slovacchia e Ungheria hanno cominciato il giorno prima.
Quindi, il primo giorno di somministrazione del vaccino segna l’effettiva data di inizio di un’azione concreta per sconfiggere il virus.
Servizi televisivi sul viaggio dei primi vaccini hanno accompagnato le giornate festive degli italiani. Nella mattinata del 24 dicembre, la partenza dei camion da Puurs, cittadina belga dove ha una sede la società farmaceutica Pfizer.
A Natale, le cronache sull’arrivo del furgone alla caserma di Tor di Quinto a Roma, scortato dalle auto dei carabinieri.
A Santo Stefano, la diretta sul trasferimento delle fiale allo Spallanzani e sull’avvio dell’operazione Eos, con Aeronautica, Esercito e Marina – per distribuire le prime 9.750 dosi: una parte trasportata nell’aeroporto militare di Pratica di Mare, poi da lì nelle Regioni più lontane e nelle isole con aerei militari; un’altra parte destinata via terra alle restanti Regioni.
Peraltro, la parte più importante dell’operazione è quella che non si vede: dalla catena del freddo a -70 gradi alla necessità di somministrare le dosi entro 5 giorni.
«Sono commossa nel vedere i primi vaccini per il Covid-19 spediti in tutti i Paesi dell’Ue, contemporaneamente», ha scritto su Twitter la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen circa la partenza dei primi tir, definendo poi il Vaccine Day un «toccante momento di unità» e la vaccinazione «la via d’uscita duratura dalla pandemia».
«Alla manutenzione, l’Italia preferisce l’inaugurazione», diceva Leo Longanesi. L’Italia è il Paese che ama la posa della prima pietra, il taglio del nastro, l’inaugurazione in pompa magna, la bottiglia di champagne per il varo della nave. Poi, spente le luci della ribalta, nessuno sa come prosegue.
Le opere incompiute, così come le costruzioni abbandonate o le navi affondate, non godono della medesima attenzione dei festeggiamenti iniziali.
l monitoraggio in itinere – cioè nel corso della realizzazione di un progetto – manca alla cultura di un paese che sostanzialmente ignora sia l’analisi di impatto preventiva sia la verifica successiva degli effetti prodotti dall’azione posta in campo.
Questo è uno dei motivi per cui si fatica a elaborare i progetti per il Next Generation Ue: senza una rigorosa valutazione ex ante ed ex post, con controlli in corso d’opera dei risultati raggiunti, i soldi non arriveranno.
Tutto ciò per dire che non è il giorno di avvio della vaccinazione quello più importante: è il giorno in cui l’ultima persona sarà vaccinata.
Il primo giorno ha un valore simbolico, come detto, e l’attenzione mediatica è normale, vista la rilevanza storica dell’avvenimento. Tuttavia, ciò su cui dovranno essere accesi i riflettori sarà il rispetto dei tempi della somministrazione, senza i ritardi, le deroghe e gli alibi – in altri termini, senza le molte manifestazioni di inadeguatezza – che hanno accompagnato non solo l’inizio, ma anche il prosieguo della gestione dell’emergenza sanitaria.
La campagna vaccinale dev’essere connotata da efficienza e trasparenza.
Anziché ricorrere a fronzoli vari, il governo pubblichi su un apposito sito web i dati sul rispetto del piano vaccinale, sulla somministrazione di ogni singola dose, regione per regione, con la stessa attenzione e dettaglio con cui è stato narrato il viaggio dei primi vaccini. E pubblichi tabelle di confronto rispetto ad altri paesi. Sarebbe il minimo, dopo i teatrini di questi giorni.
I NOSTRI RECORD NEGATIVI
Un paese tra quelli con il più elevato numero di morti per abitante, il peggiore calo dell’economia, il maggiore numero di giorni di scuola persi in tutta Europa dall’inizio della pandemia, non può permettersi il lusso di dichiarazioni enfatiche o di allestimenti scenografici.
Ogni energia dev’essere spesa non per apparire, ma per non fallire. Ogni risorsa va indirizzata all’obiettivo di arrivare, nel modo quanto più rapido ed efficace, a vaccinare tutti quelli che vogliono farlo, anziché essere dispersa in passerelle finalizzate a declamare la propria bravura, come troppo spesso – e infondatamente – si è visto in questi mesi.
A tale riguardo, si auspica che le disquisizioni sull’eventuale obbligo vaccinale, specie da parte di politici che forse non hanno approfondito a sufficienza i profili giuridici connessi, siano accompagnate da una constatazione: oggi non ci sono ancora dosi sufficienti per poter assicurare che il relativo diritto vaccinale sia esercitabile in tempi definiti, certi e garantiti.
Serve onestà mentale e chiarezza. L’ora delle chiacchiere, se mai è scoccata, con l’arrivo del vaccino è finita.
DALL’ENFASI ALLA SCENOGRAFIA
Di chiacchiere, scenografia ed enfasi sui vaccini ce ne sono state fin troppe, anche prima dei servizi televisivi di questi giorni. Ad esempio, per effettuare le iniezioni erano proprio necessari i padiglioni “primula”, la cui forma potrà essere apprezzata solo dalle immagini di un drone, dato che da terra non si potrà vedere?
Non è solo e tanto questione di costo – che al momento non è noto se sarà a carico dei contribuenti o di qualche sponsor – ma di inutili orpelli a cornice di un trattamento sanitario, che è quanto di più serio e importante sia forse stato predisposto negli ultimi anni.
Serve concentrarsi sulla sostanza, anziché indulgere alla stucchevole edulcorazione di ciò che invece deve essere rigoroso e chiaro in ogni passaggio.
Le “primule” sono solo l’ennesima messa in scena. Abbellimenti per rendere più sopportabile l’iniezione a persone adulte, come fossero bambini.
Sorge il sospetto che allestimenti inutili e probabilmente costosi, i quali impegnano risorse destinabili più efficacemente a fini più concreti, siano fatti anche in vista di un obiettivo ulteriore: perpetuare la funzione di chi queste cose le organizza. Cioè sempre lui, il commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri.