Il business alimentare italiano fa gola da anni alle grandi multinazionali del settore. Un interesse trasversale, dai formaggi ai gelati, da vini e liquori all’acqua minerale. La prossima operazione sarà il closing entro aprile dell’acquisto dei Salumi Fiorucci da parte della spagnola Campofrio food. Se guardiamo alla classifica dei leader di mercato dell’alimentare – rivela Nomisma – troviamo quattro gruppi esteri tra i primi dieci. Se si rielaborano i dati di fatturato si può ipotizzare che sui primi dieci gruppi gli stranieri contano per almeno il 30 per cento. L’alimentare è strategico per il nostro sistema produttivo. Il fatturato dell’industria si è attestato nel 2010 sui 124 miliardi (+3,35 rispetto al 2009 secondo le stime Federalimentare).
Gli addetti sono oltre 400mila. Con una quota del 12% l’alimentare si posiziona al secondo posto nella classifica (per fatturato) dei comparti produttivi dopo la metalmeccanica.
Le esportazioni dei prodotti alimentari italiani si attestano nel complesso sui 21 miliardi di euro (+11% circa tra 2009 e 2010) e rappresentano il 7% circa dell’intero export nazionale. Le vendite sui mercati internazionali superano di gran lunga le importazioni e così l’alimentare resta nel complesso uno dei pochi settori con un interscambio largamente attivo: oltre 4 miliardi di euro. Da non dimenticare poi il fatto che l’80% dell’export alimentare italiano è costituito da prodotti industriali di marca. Il nostro Paese è inoltre leader in Europa (e in campo globale) per produzioni agro-alimentari certificate; il comparto degli alimentari a denominazione protetta sviluppa un fatturato di circa 12 miliardi, di cui 3 miliardi sui mercati esteri.
Inoltre, il made in Italy alimentare nel complesso è tra le produzioni al mondo con il più alto indice di contraffazione o di imitazione. Il cosiddetto italian sounding, ossia l’insieme dei prodotti alimentari che utilizzano in maniera surrettizia denominazioni italiane, sui principali mercati internazionali vale oltre 52 miliardi l’anno.
Acquisire marchi italiani dell’alimentare per un gruppo internazionale significa quindi esser presente in un business molto ampio. Negli ultimi due anni almeno gli italiani hanno tirato un po’ la cinghia sui consumi ed hanno risparmiato sulla spesa (la flessione cumulata degli acquisti food si attesta intorno al 2,5%), ma il valore complessivo ha il ragguardevole valore di oltre 204 miliardi (stime Federalimentare) a fronte dei circa 750-800 miliardi che le famiglie italiane destinano ogni anno complessivamente ai consumi. Un mercato ampio sul quale i grandi gruppi hanno iniziato a puntare con interesse crescente da molti anni. La quota di competenza estera nell’alimentare italiano è indubbiamente consistente.
Ilsole24ore.com – 30 marzo 2011