In Italia il patrimonio della fascia mediana è assai più basso che in Francia, Germania e anche Spagna
Adriano Bonafede
Sono anni che si parla dell’impoverimento delle classi medie. Articoli, inchieste, servizi tv hanno spesso messo in rilievo aspetti particolari di questa perdita di peso economico. Una conferma più generale e autorevole, con numeri e dati inoppugnabili, arriva adesso dalla Banca d’Italia, con il paper “Conti distributivi della ricchezza delle famiglie” scritto da Andrea Neri, Matteo Spuri e Francesco Vercelli. Secondo questa ricerca, le classi medie e medio- alte italiane, quanto a ricchezza totale detenuta, si situano non soltanto sotto la media dell’area Euro, ma anche sotto quelle tedesche, spagnole e soprattutto francesi (al top nel continente). E la conferma è doppia: la maggior “povertà” delle classi che vengono tradizionalmente considerate un pilastro dei Paesi democratici occidentali e garanzia di stabilità è tale non soltanto a livello di gruppi familiari ma anche sotto il profilo dei singoli individui.
Da qualunque parte la si rigiri, rimane il fatto che la fascia centrale della popolazione italiana soffre rispetto a quella degli altri Paesi. Sul perché questo accada, la ricerca non consente di dare risposte, limitandosi a fotografare la situazione. Ma il dibattito su questi numeri è adesso aperto, ed economisti e politici avranno di che riflettere.
IL DECLINO ITALIANO
La novità dei risultati dipende probabilmente dall’uso, da parte dei ricercatori, di statistiche sperimentali prodotte congiuntamente con la Banca centrale europea, denominate Dwa. Le famiglie sono state suddivise in tre gruppi: il primo 50% più povero, un ulteriore 40% che rappresenta appunto le classi medie, mentre il terzo gruppo, pari al 10%, rappresenta i più ricchi.
Il paper non parla dei redditi ma soltanto della ricchezza. Ma siccome la ricchezza è in fondo la cristallizzazione di redditi non spesi perconsumi nel passato – dalle generazioni presenti o da quelle che ci hanno preceduto, nel caso della ricchezza “ereditata” – se ne può ragionevolmente ricavare l’indicazione che proprio le classi medie e medio-alte tra il 2010 e il 2022 abbiano perso a poco a poco quote di reddito.
I dati confermano che le famiglie italiane in questi 12 anni hanno perso rilevanti quote di ricchezza. Nel 2011 il nostro Paese era primo – secondo la ricerca – per ricchezza “mediana” (un dato che rende meglio della “media” semplice il patrimonio della famiglia tipica): questo dato ammontava a 200 mila euro. Francia, Germania e Spagna e media Paesi Euro stavano molto al di sotto di questa quota. Un grafico mostra impietosamente il declino dell’Italia mentre gli altri salgono. Sorpassata da Francia e Spagna e quasi raggiunta dalla media area Euro, l’Italia – con poco più di 150 mila euro – è davanti solo alla Germania, che però è andata nel frattempo molto avanti.
Nonostante tutto la ricchezza “media” (quella del pollo di Trilussa, per intendersi) è cresciuta ma i dati dimostrano proprio che la sua distribuzione ha continuato ad accentrarsi in poche mani. Il 5% delle famiglie italiane, tra il 2010 e il 2016, ha rosicchiato quote di ricchezza alle altre due classi ed è passata dal 40% della ricchezza totale al 48%, perdendo solo qualcosa in seguito e attestandosi al 46% nel 2022.
L’indice “Gini”, che misura proprio la diseguaglianza, è cresciuto da 0,67 a 0,71 tra il 2010 e il 2022. «Tuttavia – nota Marcello Messori, professore allo Schuman Centre dell’Istituto universitario europeo – la stessa ricerca mostra che, nonostante il peggioramento, l’Italia non è il Paese europeo con le disuguaglianze più accentuate. L’altro fatto positivo è che proprio nei più recenti anni di crisi le disuguaglianze non si sono approfondite». Spetta alla Germania la palma d’oro di Paese più diseguale, con la metà delle famiglie più povere che è messa peggio di tutti, e il 5% di quelle più ricche che invece sopravanza tutti. Tuttavia, questi dati andranno rivisti nei prossimi anni quando sarà possibile valutare compiutamente gli effetti della recente fiammata inflazionistica, considerata soltanto per il 2022.
IL PORTAFOGLIO
Ma cosa c’è dentro il portafoglio delle famiglie e com’è cambiato tra il 2010 e il 2022? In generale, il peso degli immobili è sceso, passando dal 55,8 al 50,2% del totale. Ma le differenze fra i tre gruppi sono considerevoli: per il primo il mattone vale oggi il 75% del patrimonio, per il secondo il 67,5% e per il terzo il 35,7%. Tutte e tre le classi hanno aumentato invece i depositi: i più poveri dal 16,5 al 17; le classi medie dal 10,6 al 14,7, il 10% più ricco dall’8,8 all’11,5. Le differenze fra primo e secondo gruppo sono abbastanza marginali, altro dato che potrebbe essere la spia di uno scivolamento verso il basso delle classi medie. Ma se prendiamo il 10% delle famiglie più ricche, tutto cambia: le “azioni non quotate e altre partecipazioni” (in sostanza le imprese proprie) sono al 18,6% contro lo 0,3 e l’1,1 rispettivamente del primo e del secondo gruppo. Le quote di fondi comuni rappresentano il 9,3% per i più ricchi contro l’1,1 e il 2,6% degli altri due.
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