Le madri scrivono all’assessore: “Non si può sostituire il pranzo con una porzione spropositata di pasta”. Ma non tutti sono d’accordo. «E questo sarebbe il famoso “piatto unico”, quello che dovrebbe fare tanto bene ai nostri bambini?». Una foto su Facebook fa scoppiare nella città delle torri quella che sarà ricordata come la guerra delle tagliatelle.
«Siamo rimasti di sasso», dice subito Sebastiano Moruzzi, uno dei tre rappresentanti dei genitori nella commissione mense di Bologna. «Avevano promesso un piatto ricco, da mettere sui tavoli una volta alla settimana. Un piatto con ampia possibilità di scelta, con riso o cereali, che so, pasta o verdure, carne o pesce. Studiato bene, con un giusto equilibrio fra proteine vegetali o animali. Un bambino avrebbe avuto la possibilità di scegliere. Avevano assicurato, i gestori delle mense, che avrebbero discusso con noi genitori e avrebbero parlato con le maestre perché i bambini, con una buona educazione alimentare, fossero informati della novità. E invece il piatto ce lo siamo trovati in refettorio. O così o niente. Tagliatelle al ragù che, almeno in quella foto, sembrano senza ragù. Questo non è un piatto unico. È un unico piatto».
Sono un colosso alimentare, le mense scolastiche bolognesi. Nella società Seribo il Comune di Bologna ha il 51%, il resto è di due privati, la Camst e il gruppo francese Elior. Forniscono 320 refettori in 159 scuole materne ed elementari: 18.000 pasti al giorno. L’immagine delle tagliatelle “slavatine” — come le definisce l’assessore comunale Luca Rizzo Nervo — ha fatto il giro del web ed ha riacceso una polemica avviata da tempo. «Quando prima dell’estate Seribo ci ha informato del “piatto unico” — racconta Sebastiano Moruzzi — non ci siamo certo scandalizzati. Sapevamo che a Mantova, ad esempio, e in altre città questa proposta c’è da tempo e va bene. Abbiamo detto: prepariamo un protocollo e vediamo come introdurre la novità. Mettere a tavola i bambini non è facile nemmeno a casa, immaginiamo in un refettorio pieno di urla che rimbombano. Bisogna fare prove e contro prove. E invece i bimbi si sono trovati all’improvviso davanti a questo piatto, che in alcuni casi era scarso e in altri troppo abbondante. E pensare che Seribo è piena di nutrizionisti».
Secondo il comunicato di Seribo i piatti unici sono stati davvero abbondanti. Per un totale di 664 Kcal, assieme a carote e a un frutto «a ognuno dei bambini sono stati consegnati 227,9 grammi di tagliatelle fresche al ragù (piatto di pasta cotta). Con il menù tradizionale vengono fornite 664 Kcal». La società dice di seguire le «indicazioni nutrizionali per il pasto a scuola» del Servizio sanitario della Regione, dove però appaiono menù ben diversi. «Timballo di riso con latte, uova, parmigiano e spinaci, pane e frutta », oppure «maccheroncini con piselli e ricotta, verdure grigliate, pane e frutta». «Se metti nel piatto — dice il professor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista — 227,9 grammi di tagliatelle al ragù, non fai un piatto unico ma una porzione spropositata di tagliatelle. Troppi i carboidrati, poche le proteine. La filosofia da seguire è l’equilibrio. Meglio un’insalata di pasta o riso, con tonno o formaggio, sempre accompagnati da frutta e verdura».
Non finirà presto, la battaglia dei genitori per il piatto giusto. Da domani saranno distribuiti 15.000 volantini che annunciano uno “sciopero del panino” per il 21 novembre. «Anche a maggio — ricorda Sebastiano Moruzzi — abbiamo mandato a scuola i figli con il cibo preparato a casa. Quello delle tagliatelle è soltanto l’ultimo incidente. Il fatto è che noi genitori non siamo ascoltati. La mensa ci costa cara, 6,80 euro a pasto e non ci soddisfa. Abbiamo controllato le tariffe di 64 Comuni italiani e abbiamo scoperto che siamo al secondo posto in graduatoria. A Firenze, ad esempio, con gli stessi fornitori di Bologna, la mensa costa 4,04 euro a pasto».
Fosse successo in un’altra città il piatto di tagliatelle “slavatine” forse non avrebbe suscitato troppe polemiche. Ma qui operano da anni gli “Apostoli della tagliatella”, ovviamente dodici, seguiti da decine di discepoli. «Nostro impegno — dice Gianni Pecci, docente di economia internazionale (è stato l’inventore del pullman di Romano Prodi) — è salvaguardare il buon vivere e il buon mangiare. La golosità non c’entra. Parlo da economista: l’unico modo per impedire che l’assistenza sanitaria arrivi a strangolare le Regioni è avviare l’educazione alimentare già all’asilo. Dimmi come mangi e ti dirò come diventerai. Certo, le tagliatelle fatte bene sono importanti. Sono un sapere che si trasmette tacitamente, senza manuali, da una generazione all’altra. Nel mondo sono ovunque, trasformate però da Lucifero nei cosiddetti “spaghetti alla bolognese”». Forse un diavolo, l’altro giorno, è entrato anche nella cucina delle mense.
Repubblica – 15 novembre 2014