ll ministro del Welfare, Elsa Fornero, apre a modifiche sulle pensioni «purché i saldi restino fermi. Personalmente- ha detto nelle audizioni che ha avuto ieri alla Camera e al Senato – sarei molto felice e mi sono impegnata a trovare risparmi che possano rendere un po’ più blanda la durezza di una riforma perla quale abbiamo avuto poco tempo e grandi vincoli».
Una disponibilità, quella del ministro, a ritornare su uno degli aspetti più gravosi della manovra coinvolgente milioni di pensionati: l’indicizzazione delle pensioni.
La deindicizzazione dei trattamenti al di sopra dei 900 euro? Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, ammette trattarsi di «un provvedimento da emergenza finanziaria», per il quale «è difficile trovare risorse che ne attenuino la severità», ma allo stesso tempo dichiara la sua «piena disponibilità a venire incontro a suggerimenti, purché i saldi restino fermi. Personalmente – ha detto nelle audizioni che ha avuto ieri alla Camera e al Senato, e ripetuto poi a sera in diretta tv – sarei molto felice e mi sono impegnata a trovare risparmi che possano rendere un po’ più blanda la durezza di una riforma, per la quale abbiamo avuto tempi piccoli e vincoli grandi». Insomma, una disponibilità, quella del ministro, a ritornare su uno degli aspetti più gravosi della manovra coinvolgente milioni di pensionati, ma, come si è detto, a saldi invariati, perché, «se questi venissero toccati – ammonisce Fornero – ci assumeremmo la grave responsabilità di far saltare tutto mettendo a rischio i guadagni di credibilità sui mercati finanziari .
Quanto alle pensioni di anzianità che andrebbero incontro alla ghigliottina del 2018, il neo ministro dice: «No, però tendenzialmente vanno a morire dopo quella data». E questo perché, «con il sistema contributivo, conterà solo l’età minima per l’accesso al pensionamento, che sarà di vent’anni d’anzianità. Naturalmente accompagnati dal requisito di vecchiaia». Riconosciuta la «drasticità» della soluzione per i trattamenti di anzianità, su cui «abbiamo dovuto agire con l’accetta», in un contesto nel quale «il nostro grado di libertà è stato pochissimo a causa delle esigenze fmanziarie», la titolare del Lavoro osserva che pero «questa riforma punta tutto su un’altra cosa che nella riforma non c’è, il pezzo mancante che, in realtà, la sorregge: un mercato del lavoro che funzioni. Questa è la vera sfida. La parte che ora si ritiene indigesta è stata quella relativamente più facile, mentre fare in modo che tutto si tenga in un’economia e in una società che cambiano è la parte più difficile. Se non ci sarà un mercato del lavoro che dia occupazione a un maggior numero di persone la riforma fallirà. E’ un capovolgimento di ottica».
E per la riforma del mercato del lavoro a cui intende dedicarsi «a partire da domani», il neo ministro afferma che il suo impegno andrà mella direzione della flexsecurity. Cioè, un po’ di flessibilità che si accompagna a garanzie di protezione di lavoratori che hanno problemi per il reiserimento sul mercato». Una riforma il cui «ultimo
tassello», dice Elsa Fornero, sono gli ammortizzatori sociali, «perché una società degna non lascia nessuno senza reddito. Ma qui – precisa- abbiamo bisogno di risorse e, quindi, di crescita. Questa è una vera sfida, non un esercizio accademico». Ma, a questo proposito, Fornero afferma di aver rilevato nel governo una sorta di «gentlemen’s agreement» per uno sforzo orientato al reperimento di risorse per gli ammortizzatori.
Soffermandosi su altri temi entrati nel dibattito sulle pensioni, il ministro del Welfare ha detto di aver pensato a un contributo di solidarietà dalle pensioni più alte, «che non è poi andato avanti», mentre si è detta «nient’affatto contraria all’idea di un recupero sulle baby-pensioni». Infine, a proposito della controversa disposizione secondo la quale i contributi versati dopo i 40 anni per raggiungere quota 41 o 42 per la pensione di anzianità non avrebbero fatto crescere l’importo dell’assegno, Fornero assicura che «tutto quello che viene contribuito nel sistema viene restituito come quota parte della pensione contributiva».
Il Messaggero – 7 dicembre 2011